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  1. Il sentiero ora diviene più ripido e sale, con stretti tornanti, la spalla sud-est per portarsi verso la forcella "Paschè". Per una scelta tecnica ho preferito fare il giro inverso rispetto a quello che tu avevi fatto in quell'estate di 4 anni fa. Almeno nel ritorno, quando il tempo peggiorerà ancora, avrò un sentiero più facile da individuare.
  2. A metà della salita mi fermo. Mi ritornano ancora una volta alla mente le tue parole "... l’entusiasmo aumenta…forse oggi è la giornata buona… ma la strada è a ancora tanto lunga. Guardo sotto di me le serpentine appena superate". Mi fermo anch'io ed osservo la strada già percorsa, la valle dove ho lasciato l'auto e.... .... il tempo sta peggiorando e da nord arriva una folata di vento forte e pungente che mi sferza il viso e mi gela le mani.
  3. Il tempo sta volgendo decisamente al brutto e la neve, caduta il giorno precedente, anche se poca non mi fa presagire nulla di buono.
  4. Mi giro per un attimo quel tanto che mi basta per scorgere laggiù ad est, tra le sponde della valle e inondate di sole, alcune delle cime a te più care, quelle del Catinaccio con in primo piano i Dirupi di Larsec.
  5. Rallento per osservare le montagne attorno e che oramai riconosco anch'io come familiari grazie anche ai tuoi racconti. Sono emozionato proprio come lo eri tu quel giorno e allora rallento ancora di più il passo concentrandomi su quello che mi aspetta, su ciò che potrò vedere ed osservare in questo cammino della memoria.
  6. E con queste parole che, come una melodia che continua a rimbalzare nel silenzio del mio cuore, di primo mattino e dopo aver percorso in auto tutta la Val S. Nicolò fino alla Baita Ciampiè calzo gli scarponi, indosso lo zaino e mi incammino lungo la strada forestale che risale, tra casolari e baite ristrutturate, la testata della valle verso il Col Ombert.
  7. "Eccolo lì, bellissimo in controsole. Il Col Ombèrt. Questa prora di roccia, che sbarra la valle riempiendo ogni inquadratura, ogni panorama, ogni visione, è alta 2670 metri. Ho appuntamento lassù. Con me stesso…e non solo…" Giorgio... era il 4 settembre 2005 quando ti incamminavi per salire al Col Ombèrt, dopo aver salutato Maria e con questo pensiero tra le pieghe dell'anima.
  8. testa

    Autunno

    ....come non quotare questo stralcio. Peccato che tu sia così lontano..... con simpatia m
  9. ...così le fotografie nei nostri ricordi diventano i sassolini e le briciole di pane di Pollicino per ritrovare la memoria delle emozioni vissute.
  10. ....affinché tutto questo si sedimenti dentro il cuore per diventare ricordo e memoria. Grazie Raffa
  11. Lo abbiamo salutato così e non c’è foto che possa documentarlo, le macchine fotografiche hanno taciuto in quel momento. Ci siamo stretti immobili.... le voci, il rumore sulle pietre, ogni suono è cessato ...... Il silenzio ci ha avvolti ............... "Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero......." (1Re 19,11-13) ....... poi solo un vento leggero* * le parole sono di Giuseppe, ma quel sentire è stato di tutti
  12. Anche noi, dopo aver condiviso assieme la fatica della salita, siamo arrivati lassù in solitudine, dove, da mesi, avevamo un appuntamento con Lui.
  13. Ed è proprio per questo motivo che a Giorgio piaceva andare in montagna. Per avere un momento in cui fare un bagno assoluto di spiritualità dentro se stesso in completa solitudine.
  14. Certo non possiamo essere tutti Maestri, Messner o Simone Moro, alpinisti ai quali è stato regalato un dono irripetibile. Per noi gente comune, a cui la montagna piace ma senza quel senso di vita o di morte che sta addosso agli alpinisti con la A maiuscola, ogni salita possiede una singolare dimensione spirituale.
  15. Credo che nell’ascesa a Cima di Cece ognuno di noi sia stato capace di entrare davvero all'interno di questa sensibilità. O meglio di quel concetto di altezza dove siamo portati a salire quando andiamo in montagna.
  16. E questo Giorgio amava ripeterlo e ricordarlo spesso nelle sue “scalate”. Forse è soltanto una questione di sensibilità montana, ma parlare e camminare sono due azioni quasi inconciliabili. Si parla quando ci si ferma un poco, durante le soste, oppure quando si è a valle e la montagna diviene piccola dietro di noi, così che abbiamo l’impressione che non oda le nostre chiacchiere.
  17. In quei momenti di libertà assoluta il silenzio è sembrato quasi d'obbligo. Chi va in montagna sa che non esiste quasi la dimensione del parlato. La montagna fa solo figli silenziosi.
  18. Lungo il sentiero che si inerpicava sulla costa pietrosa, nel semplice gesto del camminare, abbiamo cominciato a dialogare con noi stessi, a distillare piccoli pensieri, semplici e profondi, come prima di addormentarci, .........o come nell'immediato risveglio.
  19. Come giustamente scriveva Carlo qui: " Salire da soli non è mai salire soli se si hanno volti da sorridere in silenzio , se il vento discreto di mezzacosta alita sul vetro opaco dei ricordi e gioca nelle orecchie parole da stendere come unguenti magici su ferite mai chiuse , su risposte mai pronunciate , su discorsi mai conclusi , su sogni mai rinunciati ".
  20. A volte, come faceva Giorgio, preferisco salire da solo. Perché le abitudini di camminata sono diverse ed a volte i tempi ed anche i caratteri - in montagna - vanno poco d'accordo. Anche se non siamo mai soli quando camminiamo in montagna. Si va su sempre con uno zaino fisico sulla schiena ed una croce spirituale fatta di ricordi, amori e pensieri che non sono mai gli stessi.
  21. ........e con essa anche un momento grandissimo di libertà mentale.
  22. Poi quando la salita ha cominciato a farsi sentire è arrivata la concentrazione,
  23. Alle ore 9.00 siamo così partiti dalla malga Valmaggiore anche con la forza ed il coraggio infusi nel cuore di ciascuno dal significato particolare che questa escursione aveva per noi tutti. La preoccupazione per il meteo era quasi del tutto superata e i primi passi sono stati marcati da un chiacchiericcio quasi da mercato settimanale.
  24. Ogni volta che devo salire qualche cima c’è un momento in cui penso a ciò che la montagna rappresenta. Quando mi sveglio, nell’attimo brevissimo in cui gli occhi si aprono, e la prima cosa che intendono guardare è il tempo. Così sabato mattina, appena la sveglia ha iniziato a suonare, ho aperto gli occhi e mi sono precipitato al computer per controllare le ultime previsioni del tempo. Rispetto alla sera precedente erano migliorate e così il mio cuore si è fatto più lieve come se gli fosse stato tolto un peso che già da qualche giorno lo affliggeva. Subito dopo c’è stato un tempo brevissimo in cui la consapevolezza della fatica, che andavamo ad affrontare, è rimasta in bilico nella mia mente. Tanto è bastato per addensare nuovamente qualche nube di preoccupazione. Di solito mi capita più spesso d'inverno quando la levata è più legnosa per il freddo intenso. Ma poi alla fine si parte, sempre, con un pieno di energia.
  25. Come vi ho già detto in altro post, non ho fatto foto durante questa escursione. Per cui vi chiedo scusa se userò alcune foto di Giancarlo, Giacomo e Giuseppe per raccontarvi quello che ho provato ed avvertito nei diversi momenti di quella lunga giornata. Musica da ascoltare..
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