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Io, i funghi, il bosco e...


mario

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... e ognuno potrà associare quanto vorrà.

 

Ci penso ormai da un po', ma oggi mi sembra il momento buono per iniziare.

 

Un momento di riflessione, in un periodo che induce a guardarsi indietro per diversi motivi, tutti legati alla minore possibilità che molti di noi hanno di andare per boschi a cercare.

 

Questa è, per me, una discussione impegnativa, perchè parlare di se stessi e della propria storia - sia pure sullo sfondo di una comune passione - senza annoiare e senza rendere banale ogni cosa non è affatto facile.

 

Perciò siate comprensivi e, se volete, seguitemi in questo lungo racconto che dovrà per forza di cose essere a tappe o, se volete, a puntate...

 

Vi racconto me stesso, attraverso la mia esperienza legata ai nostri amici comuni...

 

Capitolo Primo: Le origini

 

Quando ero ancora un bambino mio padre comprò una casa da utilizzare per le vacanze estive, al mare.

 

Per raggiungere la località, però, era necessario attraversare zone boschive e semi-montane, che nel periodo giusto erano animate da venditori ambulanti e occasionali di quelli che avrei poi scoperto essere funghi.

 

Quei cesti che vedevo di sfuggita mi attiravano moltissimo, soprattutto quelli che rilucevano di un giallo oro intenso, da me non associato inizialmente ai funghi.

 

Un pomeriggio d'autunno, mio padre si fermò, credo più incuriosito di me, per capire di cosa si trattasse e io lo seguii.

 

Rimasi incantato: erano funghi gialli e profumati, di dimensioni non eccessive ma comunque generose e vellutati al tocco...

 

Mio padre, soddisfatta la curiosità e assolutamente diffidente, tirò via; così io rimasi con quel pezzetto d'oro in mano che il venditore volle regalrmi assolutamente, forse soddisfatto e gratificato dalla mia aria interessata...

 

Non ci fu verso di convincere mio padre a farceli assaggiare e per alcuni anni io continuai, di tanto in tanto, a guardare a quelle cassette giallo oro con interesse deluso.

 

Poi, in seguito avrei capito che erano loro:

 

leorigini21.jpg

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Ma sarebbero passati circa trent'anni da quell'incontro con quel venditore così gentile, trent'anni per rivedere e finalmente toccare con mano quei funghi giallo oro così delicati al tatto e profumati, trent'anni per, finalmente, assaggiarli....

 

leorigini9.jpg

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CAPITOLO SECONDO: LA DELUSIONE

 

Ma andiamo per gradi, senza fretta, perchè la storia è lunga e i ricordi vanno riordinati per bene.

 

Passarono quindi, vent'anni circa, durante i quali la mia vita vide tante cose nuove, com'è naturale, ma di funghi non si parlò più, semplicemente perchè la scintilla allora accesa si era sopita per mancanza d'occasioni utili.

 

Ma poi... si dice che gli interessi delle nostre signore non sempre siano facili da condividere, soprattutto quando si è così portati, come io lo sono sempre stato, al contatto con La natura, che allontana dalla mondanità e dalle passioni comunemente femminili...

 

Ebbene, vent'anni dopo, inconsapevolmente, mia moglie mi spinse a un viaggio diverso: basta il nostro mare, basta la Sardegna, la Calabria... perchè non andiamo a vedre quei monti così tanto decantati, quelle cime così aspre ma magnifiche e senza eguali al mondo?

 

Come si fa a dire DI no a una giovane donna, amatissima :give_heart: , che t'invita a un viaggio perfettamente in sintonia, in fondo, con il tuo sentire la vita?

 

Così, per quanto un po' a malincuore, dovendo forzatamente "ormeggiare" per una decina di giorni la mia barchetta compagna di tante catture in apnea, partii per un mondo che avrei scopero essere un luogo da fiaba: la Val Badia.

 

Direte che come prima Dolomitica esperienza non c'è male e, in effetti, fu così.

 

Mai stato prima d'allora in montagna, successivamente e a lungo ogni altro monte mi apparì davvero poco significativo: alloggiavamo in un maso (agritur lo chiamavano, e lo era per davvero...) isolato come pochi ne avrei rivisti anche in seguito, quando la frequentazione si sarebbe fatta ben più assidua e consapevole; era un luogo da favola e io e la mia giovane compagna di vita vivemmo un'esperienza senza uguali.

 

Abituati ai ritmi accelerati del mare di Ischia e Procida, quella pace, quell'aria freschissima e lieve (io adoro il mare ma odio il caldo opprimente: non sono un tipo da spiaggia, insomma), quei paesaggi incredibili e quella gentilezza di una padrona di casa meravigliosa, che ogni mattino ci lasciava latte appena munto e burro profumatissimo, ci conquistarono da subito, calandoci in un'atmosfera che ancora oggi riesco a percepire e che al solo ricordarla mi da pace e gioia.

 

Cominciammo da subito a vivere i boschi attigui al maso, rifiutandoci d'usare l'auto e, per quanto non bene attrezzati (il freddo ci sorprese più volte...) facemmo lunghissime passeggiate, interrotte da picnic all'aperto e da qualche visita ai piccoli e caratteristici centri abitati più vicini.

 

Ma, immeditamente, "loro" s'imposero come protagonisti della vita di quei luoghi...

 

Ho uno scatto analogico di mia moglie che regge tra le dita una muscaria enorme e in grandissima forma.

 

I funghi erano tanti, tantissimi e io non sapevo che "pesci pigliare"....

 

Per quanto incoraggiato dalla squisita padrona di casa e per quanto Maria mi aiutasse, non ci riuscì di trovare un solo misero funghetto commestibile...

 

La "disdetta" fu tanta e tale che nel cor rinnova la delusione... anche oggi!

 

Decisi che i funghi non facevano per me. :nono:

 

Mi rifiutai, persino, d'assaggiare un po' di galletti che ci furono offerti in dono dalla nostra ospite.

 

Avevo chiuso con quelle prede così diverse dai miei pesci, mi sembrava d'aver perso ogni interesse.

 

Ma nella vita non si può mai dire mai...

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CAPITOLO TERZO: DIVAMPA L'INCENDIO.

 

Passarono, così, altri dieci anni e, tra una Serena e un'Aurora giunte a farci visita, giunse il 2005.

 

Ancora si decise per una vacanza di relax, ancora in montagna (che avevamo comunque nuovamente visitato in quegli anni, con una puntata anche in Austria): destinazione inconsapevole - scelta ancora da mia moglie - la Val di Fiemme.

 

Questa volta sarebbe stata quella giusta, il cerchio stava per chiudersi, anche grazie alla complicità di quella che poi, con la consapevolezza acquisita grazie alle esperienze successive, avrei bollato come un'eccezionale annata, che avrebbe acceso la scintilla e il divamapre del successivo incendio.

 

La Val di Fiemme, Serena allora ancora bimba, i cesti colmi (letteralmente) di edulis degli ospiti del residence, l'insistenza di una bimba piena d'iniziativa e di voglia di conoscere... vinsi la ritrosia generata dalla delusione patita anni prima e accompagnai Serena in un bosco che da allora mi sarebbe rimasto nell'anima e che cascasse il mondo visiterò ogni volta che ne avrò la minima opportunità e un soffio d'energia.

 

Quel pomeriggio, che ricordo come fosse ora, Serena, non io, raccolse il primo edulis della sua e della mia vita... non potevo crederci.

 

Ne trovai, dopo pochi minuti, due anch'io, poi la pioggia ci spinse fuori dal bosco.

 

Quella sera, tra le risate di chi ci rassicurò sulla bontà dei porcini raccolti e che non voleva nè poteva credere che io non li conoscessi (in effetti non era così, li conoscevo e bene: ne vedevamo decine al giorno da una settimana!) sentii che qualcosa non quadrava.

 

Gli odori, la luce, il silenzio rotto dal solo suono dei nostri passi e dai versi degli abitanti del bosco, il viso di Serena, la miriade di funghi visti, i tre raccolti, il pensiero che tanti altri avrei potuto vederne e toccarne, quel senso di appagamento derivante dall'essere finalmente venuto a capo di un'antica tenzone con me stesso, troppo prematuramente abbandonata e, infine, il germe della consapevolezza di non essere più un estraneo in quei luoghi così meravigliosi e fino a poche ore fa percepiti così ostici e indecifrabili mi fecero compagnia quella notte.

 

Al mattino dopo eravamo, io e Serena, di nuovo nel bosco...

 

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Modificato da mario
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Rispondo per primo dai. L'idea mi piace proprio perchè come hai spiegato tu ti permetterà di raccontarti prendendo il giusto tempo. Fai con calma, noi siamo qua :friends:

Modificato da Pacman
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E al mattino dopo, con la luce del sole che rendeva tutto più incantato e meravigliosamente rigoglioso, quel Bosco volle donarci un altro regalo magnifico.

 

In un brevissimo giro, mentre mia moglie e la mia piccola Aurora passeggiavano sul sentiero al limitare del bosco, io e Serena raccogliemmo ancora una decina di edulis, magnifici, come difficilmente ne avrei trovati negli anni successivi, nonostante la maggiore esperienza.

 

Fu, quello, un anno davvero incredibile.

 

Ma incredibile, per me, fu anche la rapidità con la quale mi adattai a quella attività.

 

In un paio d'ore di frequentazione avevo già tratto alcune conclusioni che poi, in parte, si rivelarono valide anche in seguito.

 

Serena era felicissima, Maria stupita ma certamente interessata più all'aspetto culinario che all'attività in se.

 

Dopo quella mattina volli fare una prova: tornai dopo pranzo, mentre tutti riposavano intenti a digerire il nostro primo risotto; avevo solo scarpe da tennis, un jeans che da allora ancora conservo - per quanto ormai inutilizzabile anche per il bosco - una maglietta leggera, perchè faceva caldo, molto, ma pioveva ogni benedetta sera e spesso anche di notte... tornai di pomeriggio da solo perchè, mi dissi, chissà potendomi muovere di più cosa troverò.

 

In parte ebbi ragione: nonostante tanti fossero passati durante il giorno, con l'esuberanza dell'entusiasmo mi cacciai in una zona evidentemente poco frequentata e trovai alcuni edulis che lasciarono a bocca aperta non solo me e le mie ragazze - cosa del resto normalissima - ma anche alcuni esperti del residence che me li battezzarono "teste di moro".

 

Erano, in effetti, scuri più degli altri, molto bruni più che nocciola, tanto che pensai fossero di una qualche altra varietà, anche se il profumo parlava chiarissimo.

 

Ma quel che più m'impressionò, da subito, erano la dimesione genrosissima e le proporzioni: sembravano finti tanto perfetti madre natura li aveva resi.

 

Non ho foto di quell'anno, purtroppo, ma questo dell'anno successivo rende l'idea...

 

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Ed eccolo il bosco che mi ha stregato in quei giorni (in una foto dell'anno dopo), per molti di noi sarà un'abetaia come tante, per me è Il Bosco, un luogo così lontano dalla mia vita abituale eppure così caro e desiderato...

 

abetaia.jpg

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Ci sarebbe da scrivere un'infinità di cose su quei pochi giorni che seguirono, tante e tali furono le scoperte e le emozioni vissute in così poco tempo che mi riesce difficile finanche il solo immaginare come riordinare le idee.

 

Questo luogo ci prese l'anima a tal punto che decidemmo di prolungare la vacanza di alcuni giorni che per me furono fondamentali.

 

Purtroppo, però, non avevo ancora scoperto la fotografia digitale, così anche quest'immagine è stata scattata l'anno successivo.

 

valdifiemme1.jpg

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Tornai nel bosco diverse volte, con e senza Serena, comprendendo subito di essere stato fortunato poichè tutti quelli che incontravo, anche i più esperti e i locali stessi mi mostravano il loro stupore per l'anomala abbondanza di quei giorni.

 

Rividi e raccolsi, finalmente assaggiandone un po', anche i galletti, che io conoscevo come finferli; feci la conoscenza con le mazze di tamburo, ma non ebbi il coraggio d'assaggiarle perchè qualche buontempone mi assicurò che era facile scambiarle con le phalloides, la cui tremenda fama mi era ben nota, poichè in Badia la nostra ospite mi aveva dato da leggere un libricino sui funghi che avevo allora divorato.

 

La penultima mattina feci una delle conoscenze estemporanee più liete della mia vita, il cui ricordo è in me ancora vivissimo, tanto che il portarlo alla memoria mi emoziona ancora oggi lasciandomi preda di una fortissima nostalgia.

 

Ve ne rendo partecipi.

 

Prima di partire decisi di fare un'esperienza più impegnativa: un'uscita all'alba.

 

Avevo ormai imparato che l'escursione termica era forte e mi preparai come potevo.

 

Andò bene, quelle tre ore furono fantastiche perchè, prima ancora dei ritrovamenti, quello che ricordo benissimo fu il sapore, sì il sapore, della prima mattina in quel bosco da favola.

 

Mi aspettavo che sarebbe andata così, perchè da pescatore so che l'alba è un momento magico da passare a contatto con la natura, ma rimasi ugualmente incantato, ancora una volta.

 

Ricordo che trovai un dosso molto scosceso, quasi una piccola collinetta, raggiunta la cui sommità mi trovai al cospetto di uno spettacolo che ancora oggi mi da i brividi al solo pensarci: il sole già illuminava il versante che io avevo raggiunto, filtrando attraverso i rami fitti dei piccoli e giovanissimi abeti che formavano quasi una siepe intervallata da piccole radure.

 

Era un luogo magico, lo capii subito: a pochi metri da me, più in basso, si stagliavano alcune macchie scurissime e guardando bene se ne vedevano altre ancora più in basso... erano le teste di moro, edulis magnifici baciati dal sole della primissima mattina.

 

A quattro zampe, scendendo lentamente, mi avvicinavo a ognuno di essi, poi, di volta in volta, mi inginocchiavo per osservarli meglio prima di raccoglierli... dentro di me risuonava, come anche oggi mi accade sempre, una sola parola: grazie...

 

Ero e fui solo per tutta la mattina nel bosco; ma quando uscii pochi attimi dopo aver raggiunto l'auto, vidi sul sentiero un'anziana signora che recava con sè un pesante zaino.

 

Mi raggiunse e io, doverosamente, la salutai; ricambiò cordialmente e, riprendendo un attimo fiato, si fermò, cedendo evidentemente alla curiosità di scoprire cosa io avessi nello zainetto.

 

Fui felice e orgoglioso di mostrarglielo, non mancando di precisare la mia brevissima esperienza e la mia estrazione "marinara".

 

Rimase affascinata e incantata: "sono tutti edulis, bellissimi..." mormorò al vederli, ma il suo stupore per quei magnifici esemplari sorprese me più che lei; in pochi minuti mi raccontò la sua esperienza di una vita, seppi che era di Bolzano, biologa, che nello zainetto aveva "una pesantissima macchina digitale con tanto di obiettivi..." perchè la sua passione andava al di là del consumo; disse che andava sola per meglio godere del silenzio, delle emozioni e io mi meravigliai perchè l'età era evidentemente avanzata, ma lo spirito si manteneva giovane e indomito.

 

Provai un'ammirazione fortissima per quella donna cordiale ma forte e determinata allo stesso tempo, comprendendo che la sua anima racchiudeva un'universo intero di sentimenti e conoscenze, che dietro quegli occhi ormai velati aveva brillato una luce fortissima che ancora rischiarava le sue giornate.

 

Ci salutammo, dandoci appuntamento per l'anno venturo... avrei voluto accompagnarla su quel sentiero, nel suo lento ma determinato incedere, avrei voluto sapere di più di lei, rubarle un po' della sua esperienza e non per i funghi, no, per la vita...

 

Ancora oggi, pensando che non l'ho mai più rivista mi chiedo: perchè non glie ne hai regalati alcuni?

 

Non meravigliatevi, ma quell'incontro mi accompagna ancora e penso a lei spesso, molto spesso.

 

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Modificato da mario
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Ospite paolo_68

Grazie Mario!

Citando una famosa frase di un famosissimo film!

 

ma scherzo, ti ringrazio davvero ...

Sarò sincero con te e con tutti ... non leggo mica tutti i post dall'inizio alla fine ...

Però il tuo racconto mi ha preso ... ben scritto, oltretutto ...

 

Dal fascino dei funghi nella tua giovinezza ... direi un'attrazione che hanno i bambini per l'ignoto ...

Al tuo approccio alle dolomiti con i loro paesaggi mozzafiato ... anche nei boschi ...

 

Grazie!

:clapping:

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Grazie a Paolo, stewei e Pacman, ma siamo solo all'inizio... abbiate pazienza e sopportatemi, se vi va, è una lunga storia e le foto sono tante...

 

:hug2:

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Per quanto io continui a meravigliarmene, devo confessare che quei ricordi sono tra i più chiari che io possa vantare, forse perchè, al di là della loro forza emotiva, sono stati vissuti in piena maturità, forse nel mio momento migliore.

 

Impossibile tornare su ognuno di essi, ma come non ricordare che in quei giorni Aurora disse per la prima volta "apapà" sì, proprio "apapà", tutto d'un fiato; come non ricordare quei pomeriggi passati a mostrare a Serena quei luoghi prima ignoti e ora, d'un tratto, così leggibili e magnifici...

 

Prima d'andare via io e lei facemmo un'ultimo giro.

 

Io ora avevo un altro passo, un'altra determinazione; la portai fino alla collinetta e poi un po' oltre, perchè non me la sentivo di farle affrontare il tratto ripido della mattina precedente, ma ancora fummo fortunati.

 

Io avevo già preso l'abitudine, per così dire, di guardare dal basso in alto, accovacciandomi spesso per meglio osservare; dopo aver passato la collinetta, alla base di una ripida parete che raggiungemmo salendo un po', c'erano due roccioni interamente coperti di muschio.

 

Da lontano, dal basso in alto, vidi quelle chiazze chiare su di essi e capii: "...là" indicai a Serena che mi stringeva la mano, "...là, su quelle rocce...".

 

La guardai cambiare espressione, vidi il suo sorriso nascere spontaneo come solo un bimbo può fare... lasciò la mia mano e si diresse verso le rocce.

 

Li raccolse, scoprendone altri lì accanto.

 

La magia era compiuta.

 

Il giorno dopo tornammo a casa, dietro di noi, davanti a noi, un nuovo mondo.

 

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CAPITOLO QUARTO: E ORA?

 

Già sulla lunga via del ritorno, gustando quei panini ripieni di formaggio e funghetti trifolati e osservando di tanto in tanto quelli ancora interi da far assaggiare ai miei a casa, il pensiero ricorrente era: e ora?

 

Sapevo che i monti e i loro doni non erano certamente una prerogativa esclusiva del Trentino, ma diciamoci la verità, sapevo anche d'aver visto e vissuto un'esperienza difficilmente ripetibile altrove...

 

E ora come poterla rivivere, almeno in parte, senza attendere un anno e sperando nel comune interesse dei miei?

 

Ci sarebbero tornati volentieri?

 

Non lo sapevo, naturalmente, perciò mi decisi a verificare altre e meno distanti opportunità.

 

Essendo a digiuno o quasi, compresi come il mondo a cui mi stavo accostando fosse ancora dominato da convinzioni personalissime e contrastanti maturate dai suoi frequentatori sulla base delle esperienze - molte delle quali mi lasciavano sorpreso e diffidente - più che della conoscenza vera e propria: nacque così, subito, la voglia di saperne di più con cognizione di causa.

 

E siccome non conosco altro mezzo da quando sono al mondo, mi affidai a chi ne sapeva più di me: autori specializzati e scientificamente preparati; insomma di lì a poco mi misi a studiare ...

 

Internet, in questo, è stato uno strumento formidabile.

 

Ho conosciuto i forum di micologia, così ricchi d'informazioni e consigli e, sopratutto, schede fotografiche e teoriche dettagliatissime; mi sono da subito dedicato a comprendere quanto più possibile, io che non conoscevo altro che le querce e gli abeti ho cominciato a capire che esistono tantissime essenze arboree, ognuna con la sua peculiarità e la sua influenza sul nostro mondo.

 

Ma prima di tutto venivano due domande: dove andare e cosa cercare...

 

Una cosa posso dire di me stesso: tra i mille difetti che ho, non si annovera certo la mancanza d'iniziativa...

 

Ho fatto tutto da me, nessuno mi ha accompagnato dal vivo in un bosco noto a vedere funghi noti, non ho potuto contare nemmeno sulla limitatissima esperienza di mio fratello, ormai definitivamente trasferitosi nella casa estiva e quindi avvantaggiato dalla frequentazione di amici locali che lo portavano a funghi.

 

Solo più tardi lui mi ha fatto scoprire le trombette... ma quello che ora vado a raccontarvi della mia lecceta è solo frutto delle informazioni raccolte dai testi e grazie ai forum... anche il nostro, ovviamente, per quanto io non mi sognassi minimamente di partecipare allora, ma solo di assorbire il più possibile.

 

Dopo un periodo d'inevitabile gestazione, individuai il luogo delle mie prossime uscite: una collinetta (159 mslm massima altitudine) a pochi chilometri da casa, ricoperta da querce, lecci per lo più, pini, un piccolo castagneto incolto e, naturalmente, tanta macchia mditerranea...

 

Fui inizialmente molto titubante e diffidente, anche un po' supponente a dire il vero: non credevo che sarebbe stata così generosa, in seguito, tanto da affezionarmici profondamente.

 

lecc.jpg

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Dopo aver passato ogni momento libero di quel mese e mezzo dal ritorno dalla Val di Fiemme a leggere e informarmi decisi di tentare una prima uscita in quel luogo così diverso dai boschi del Trentino.

 

Fu una sorpresa quasi subito: trovai quello che poi identificai come un vecchio aereus, tante amanite, soprattutto gemmate, pantherine e franchetii, che allora confondevo con le pantherine.

 

Ma la sorpresa vera furono certamente i tanti funghi presenti, boletacee comprese sebbene così differenti dagli edulis, con colori tendenti ora al rosso, ora al bruno scuro, cangianti al taglio soprattutto al blu, e poi funghi stranissimi, come i clathrus e altri ancora: capii che quel luogo era o poteva diventare un'ottima palestra; non sapevo ancora quali soddisfazioni mi avrebbe riservato anche qualitativamente.

 

Nel frattempo decisi che non potevo non acquistare una macchina digitale e siccome la fotografia mi è sempre piaciuta lo feci con passione: presi dapprima una compattina, una Fuji A350 che mi riservò parecchie sorprese.

 

Alla seconda uscita, una decina di giorni dopo, vidi così tante mazze di tamburo come non ne ho mai più riviste in vita mia, sebbene in una zona circoscritta, un tratto di lecceta esposto a est, che ha mantenuto nel tempo la promessa di allora, sebbene con più moderazione.

 

Non ho foto di queste primissime uscite, purtroppo, pioveva spesso e allora, come anche oggi, pensavo più che altro a evitare danni alla macchina fotogrfica.

 

Non raccoglievo i funghi, mi limitavo a cercare conferme nell'identificazione, ovviamente dei commestibili... ma iniziamo più o meno tutti così, o no?

 

Un paio d'uscite dopo le mazze di tamburo perduravano ma fecero la comparsa anche i primissimi Lepidum.

 

Devo moltissimo a questo fungo: facilissimo da identificare, alla pari dei galletti, bello da vedere e da trovare, così simile ai porcini più blasonati, presente in abbondanza al punto da farmi divertire e spingermi a continuare, è stato senz'altro un gran compagno d'avventura e ancora oggi ne raccolgo un po', soprattutto per il sottolio.

 

All'inizio, comunque, furono i primi veri protagonisti di alcune belle e fruttifere raccolte e anche di fotogrfie che porto con me, dentro di me, con gioia e passione...

 

lepidum.jpg

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