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La commestibilità dei cortinari


Gaspy

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Sulla commestibilità dei Cortinarius (ed altri funghi) ho appena scritto il seguente articoletto:

 

Nel mezzo del sentiero di un bel bosco…….

È cominciata quella parte dell’ anno in cui, finiti gli ozi estivi, le passeggiate nei boschi vengono motivate con la raccolta di quei gustosi carpofori che vengono volgarmente chiamati funghi.

E, nonostante la campagna di educazione micofagica e le restrizioni alle raccolte, centinaia di persone affollano i Pronto Soccorso dei nosocomi sospettando (e talvolta purtroppo con ragione) di essersi avvelenati.

E naturalmente partono i corsi dei cosiddetti esperti che dicono ciò che è commestibile e ciò che non lo è.

Salvo essere smentiti il giorno dopo quando si verificano sintomi imprevedibili in quanto imprevisti.

Così come è capitato per il Tricholoma equestre abbondantemente consumato in Francia e dato per commestibile su tutti i libri, fino al giorno in cui qualcuno ci ha lasciato la pelle. E così come si è verificato con la Gyromitra esculenta, con il Paxillus involutus, ora anche la Russula subnigricans ecc…

I corsi di micologia sono in genere tenuti da persone con una cultura assolutamente superficiale, in molti casi addirittura privi di adeguato titolo do studio, cui vengono impartite nozioni del tutto estranee ad una micologia seria e scientifica.

Siamo quotidianamente governati dalle statistiche che sostituiscono il metodo analttico quando questo non è praticabile.

È sempre un metodo usato per indicare le probabilità che qualcosa accada.Gli è che nella maggior parte dei funghi (ma anche delle piante e degli animali) sono contenute delle sostanze assolutamente sconosciute che, per nostra fortuna (o sfortuna) non ci recano danno immediato, per cui ci accorgiamo soltanto di quelle che il danno ce lo recano in tempi più o meno brevi.

Statisticamente parlando, ad esempio il fungo che genera più cure ospedaliere è il chiodino (Armillaria mellea). Ma proibirne il consumo in Veneto, provocherebbe una rivolta. E la stessa cosa vale per la Clitocybe nebularis (il fungo della nebbia, per colore e stagione) il più ricercato nell’ Appennino settentrionale.

Di fatto né nell’uno, né nell’ altro si sono scoperti i principi tossici e quindi la gente continua a consumarli e ad esserne più o meno gravemente disturbata!

Ma ponetevi voi la domanda: “Siamo certi che nei due funghi summenzionati (o in altri) non esistano sostanze che ci porteranno a danni futuri?”

Il normale Agaricus bisporus (il prataiolo di coltivazione) contiene sostanze potenzialmente cancerogene (esiste una vastissima letteratura al riguardo, data l’ importanza commerciale che questo fungo riveste); eppure esso continua ad essere coltivato e commercializzato in tutto il mondo.

È stata lanciata una campagna allarmistica circa i funghi del genere Cortinarius.

Questo perché una ventina di anni fa due biologi (Tebbett e Caddy - ed ero presente quando presentarono le loro conclusioni) hanno elaborato e diffuso la notizia di un contenuto chimico (ciclopeptidico e quindi analogo alle tossine delle amanite del gruppo falloide) presente in tutte le specie (cortinarine) che avrebbe effetti devastanti e agirebbe per accumulo. Come ogni teoria scientifica, anche questa è stata più tardi confrontata da Laash che ha concluso – prove alla mano – che quello dei due biologi era uno scoop.

Esistono, è vero, le cortinarine (A,B e C), ma sono risultate innocue anche ad esperimenti effettuati in laboratorio. La cortinarina <<B>> è presente solamente nel gruppo degli Orellani, ma in quelli il responsabile riconosciuto dell’ avvelenamento è l’ orellanina o, almeno, questa consociata ad altri (sconosciuti) principi tossici.

Naturalmente, secondo la filosofia attuale, più che la sentenza, conta l’ avviso di garanzia e la leggenda delle cortinarine sussiste come altre infinite leggende metropolitane.

Indubbiamente esistono dei Cortinarius tossici e mortali. Si tratta del C. orellanus e del suo simile C. orellanoides (meglio conosciuto come speciosissimus). Di questi, come anzidetto, sono ben conosciuti i principi tossici, l’evoluzione e gli esiti dell’ avvelenamento, come dal sottoscritto riferiti in due noti articoli della stampa scientifica internazionale.

A parte questi, di nessun altro Cortinarius europeo è stata provata la tossicità con due eccezioni: il C. gentilis (test su ratto, nessuna statistica su persone) e C. splendens, un Cortinarius tutto giallo confondibile con il succitato Tricholoma equestre (con il quale peraltro condivide il pigmento antrachinonico la flavomannina, che potrebbe – ma uso il condizionale - essere il responsabile degli avvelenamenti). Il colonnello Azema – compianto presidente onorario dell’ Associazione internazionale Les journées des Cortinaires - ha voluto dimostrare l’ innocuità di questo Cortinarius consumandolo senza nessuna conseguenza.

Con ciò un invito da parte mia a mangiare tranquillamente i cortinari? Tutt’altro, ma solo a considerarli potenzialmente commestibili o sospetti, come la stragrande maggioranza dei funghi.

Mangiate tranquillamente – se vi fa piacere - il C. praestans o quei pochi altri ( a carne bianca o violetta), purché siate in grado di riconoscerli con certezza (esistono putroppo molti casi di errata identificazione), ma usate sempre quantità modiche e non ripetitive. Come nel caso del Tricholoma equestre, se molti l’ hanno consumato senza conseguenze è probabile che – al di là delle sensibilizzazioni individuali – siano le abbuffate a portare in superficie la pericolosità di sostanze sconosciute.

Quindi modus in rebus: il pericolo consiste nell’ esagerare con questo prodotto della cucina, gustoso si ma non dietetico, di cui ancora si conosce troppo poco.

 

Gaspy

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