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Col Ombert ....e la prima neve


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"Eccolo lì, bellissimo in controsole. Il Col Ombèrt.

Questa prora di roccia, che sbarra la valle riempiendo ogni inquadratura, ogni panorama, ogni visione, è alta 2670 metri.

Ho appuntamento lassù. Con me stesso…e non solo…"

 

Giorgio... era il 4 settembre 2005 quando ti incamminavi per salire al Col Ombèrt,

dopo aver salutato Maria e con questo pensiero tra le pieghe dell'anima.

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E con queste parole che,

come una melodia che continua a rimbalzare nel silenzio del mio cuore,

di primo mattino e dopo aver percorso in auto tutta la Val S. Nicolò fino alla Baita Ciampiè

calzo gli scarponi,

indosso lo zaino e mi incammino

lungo la strada forestale che risale,

tra casolari e baite ristrutturate,

la testata della valle verso il Col Ombert.

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Rallento per osservare le montagne attorno

e che oramai riconosco anch'io come familiari grazie anche ai tuoi racconti.

 

Sono emozionato proprio come lo eri tu quel giorno

e allora rallento ancora di più il passo concentrandomi su quello che mi aspetta,

su ciò che potrò vedere ed osservare in questo cammino della memoria.

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Mi giro per un attimo quel tanto che mi basta per scorgere laggiù ad est,

tra le sponde della valle e inondate di sole,

alcune delle cime a te più care,

quelle del Catinaccio con in primo piano i Dirupi di Larsec.

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Il tempo sta volgendo decisamente al brutto e la neve,

caduta il giorno precedente,

anche se poca non mi fa presagire nulla di buono.

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A metà della salita mi fermo.

Mi ritornano ancora una volta alla mente le tue parole

"... l’entusiasmo aumenta…forse oggi è la giornata buona…

ma la strada è a ancora tanto lunga.

Guardo sotto di me le serpentine appena superate".

 

Mi fermo anch'io ed osservo la strada già percorsa,

la valle dove ho lasciato l'auto e....

.... il tempo sta peggiorando

e da nord arriva una folata di vento forte e pungente che mi sferza il viso e mi gela le mani.

post-42-1256421140_thumb.jpg

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Il sentiero ora diviene più ripido e sale,

con stretti tornanti,

la spalla sud-est per portarsi verso la forcella "Paschè".

 

Per una scelta tecnica ho preferito fare il giro inverso rispetto a quello che tu avevi fatto

in quell'estate di 4 anni fa.

Almeno nel ritorno,

quando il tempo peggiorerà ancora,

avrò un sentiero più facile da individuare.

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La neve caduta ieri mi facilità l'individuazione del percorso

che dovrò affrontare per salire alla vetta

la cui croce ora riesco ad intravvedere sulla cima più alta e più lontana.

 

Laggiù proprio davanti a me il canalone di terra e di ghiaietto

che dovrò risalire…con il sentiero ben evidenziato dalla striscia bianca di neve.

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Devo attraversare questa conca detritica per arrivare al più presto all’attacco del sentiero.

Il tempo continua a peggiorare e aumenta la paura di non poter arrivare alla vetta.

 

Affretto il passo,

tra i sassi resti di legni,

muri e fortificazioni austriache

mi ricordano che questi sono stati luoghi di sofferenza e morte durante la Grande Guerra.

 

Oramai siamo vicini ad incrociare il sentiero che proviene dal Passo S. Nicolò

e quindi alla ripidissima lingua di terra della valletta

che ci porterà alla cima.

Salgo lentamente a causa del vento che continua a sferzarmi il viso

e a congelarmi le mani,

con la nebbia e le nubi che hanno completamente oscurato

alla mia destra le strapiombanti rocce della parete sud della Marmolada.

Sulla destra inquadro,

nell'ultima schiarita che questo tempo autunnale mi concede,

il Piz Ciavazes del Sella e ancora più a destra i contrafforti occidentali della piramide del Piz Boè.

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Superato non senza qualche difficoltà l'ultimo tratto tra friabili roccette e ghiaino mi ritrovo in vetta.

 

Tutte le volte che riesco a raggiungere la cima di una montagna

scopro che più salgo in alto e più riesco a scendere dentro me stesso,

a riconoscere i miei limiti,

le mie debolezze, e i miei bisogni.

Accettando me stesso come piccola parte di un tutto.

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La gioia però dura poco perché subito permeata dalla tristezza e dal rammarico

per non avere la possibilità di osservare uno dei panorami di vetta

più belli per una cima non eccessivamente elevata come il Col Ombert (2.670 m)

a causa di un tempo cupo e di nubi basse che oscurano tutto il paesaggio intorno.

 

 

Il tempo di una foto con i compagni di scalata

e poi la discesa fino ai piani delle "Laste"

seguendo inizialmente il sentiero 609 che porta al rifugio Contrin.

 

Ora la neve sta aumentando anche se i fiocchi sono così piccoli che sembrano palline di polistirolo.

Cerchiamo,

non senza qualche difficoltà,

e troviamo la traccia di sentiero che,

staccandosi dal 609 ci porta,

perdendo circa 50 metri di quota,

lungo la base della parete nord del Col Ombert al Passo di S. Nicolò.

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Mi fermo un attimo e guardo a destra,

sopra il rifugio,

dove ritrovo la massiccia mole della montagna

che oggi mi ha svelato alcuni aspetti del suo carattere

permettendomi di conoscerla un pò più da vicino.

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Ora le neve fiocca con più intensità

e il paesaggio perde sempre di più i propri colori autunnali

per assumere un aspetto uniforme, quasi invernale.

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Ridiscendo velocemente lungo la carrareccia che attraversa i pendii e i prati della testata sud della valle.

Il silenzio è assoluto,

rotto solamente dal rumore smorzato dei miei passi sull'erba coperta dalla prima neve.

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...E' un paesaggio quasi irreale

quello che mi accompagna durante il ritorno,

che però riesce a riconciliarmi con me stesso e con la montagna,

e soprattutto con la nostalgia di un bisogno di condivisione oramai negato per sempre

e che al sopraggiungere di ogni autunno invade il mio animo,

proprio come il tempo che ha accompagnato questo sentiero della memoria.

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