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Equisetum arvense L.


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Equisetum arvense L.

 

Carta d’identità

Regno: Plantae

Divisione Pteridophitya

Sottodivisione: Equisetopithya

Classe: Equisetopsidia

Ordine: Equisetales

Famiglia : equisetaceae

Genere: Equisetum

Specie: arvense

Nomi comuni: Equiseto campestre, coda di cavallo, pino degli stagni, coda d’asino.

 

Una pianta Antica: l’Equisetum arvense o equiseto dei campi è una pianta molto comune in tutta Italia e nel resto d’Europa,ma al pari del Gingko biloba è considerato un fossile vivente per le sue antiche origini.

Sono stati ritrovati fossili di Equisetum arvense risalenti a 350/400 milioni di anni fa, appartenenti al periodo Devoniano.

A parte l’Australia e la nuova Zelanda, gli equiseti sono distribuiti in tutto il mondo e nelle foreste tropicali esistono alcune specie tra le circa 20 classificate che raggiungono anche i 5/8 metri di altezza come l’Equisetum giganteum.

Il nostro più umile equiseto arvense, raggiunge al massimo i cinquanta centimetri di altezza ed è comune in tutti i terreni stagnanti, lungo le ripe dei fossi, dei torrenti e anche nei campi dove un avvallamento permette il ristagno idrico, condizione essenziale per il suo sviluppo. Il suo substrato ideale è indifferentemente siliceo o calcareo, con ph tendente alla neutralità; sulle Alpi possiamo ritrovarlo fin oltre i 2.000 metri di altitudine.

Come è fatto

L’equiseto non possiede organi sessuali riproduttivi ben distinti, come invece si ritrovano nelle Angiosperme, che sono le piante più diffuse; infatti è una pianta classificata nella divisione delle Pteridophythe, che essendo piante molto antiche manifestano una riproduzione molto particolare, un pò come i funghi, cioè attraverso delle spore.

La pianta possiede un fusto ipogeo da cui si dipartono i germogli aerei con fusti epigei chiamati culmi. La loro caratteristica principale è che sono formati da una sola grande cellula apicale, di forma piramidale dalle quale si generano per divisione le nuove cellule che daranno vita al fusto vero e proprio. Esistono due tipi di culmi: quelli fertili di colore biancastro o grigio/giallastro che sono privi di clorofilla ed adempiono solo alla riproduzione e i fusti sterili, di colore verde intenso,per via della loro funzione di fotosintesi clorofilliana. I fusti sterili non si sviluppano mai prima che i fusti fertili abbiano dato luogo al processo riproduttivo. Sono ruvidi, per via del loro contenuto siliceo, cavi e presentano molti internodi a cui sono attaccati 10-12 rametti a 4 coste posti in verticilli alla base delle foglie.Il fusto possiede degli stomi,per la fotosintesi, in quanto la superficie fogliare è insignificante rispetto al fusto stesso.

I fusti fertili non sono ramificati ma possiedono nodi ed internodi con un solo strobilo apicale formato da foglie modificate che alloggiano le spore, detti sporofilli. Questi fusti presentano foglie agli internodi ma senza ramificazioni. Le striature verticali variano da 6 a 15-20, sono sfalsate e passano attraverso 2 internodi contigui. Alla caduta delle spore scompare lo strobilo dal fusto fertile, il quale acquisisce una certa somiglianza con il fusto sterile. Durante il periodo invernale il fusto aereo muore completamente per poi ricomparire nei mesi di marzo e aprile.

Dalla medicina alla pulizia delle bottiglie

L’equiseto, di cui viene utilizzato il fusto sterile previo essiccamento e polverizzazione, ha propietà antiemmoragiche, diuretiche, ciccatrizanti, diuretiche, astringenti, remineralizzanti ed antitubercolari. I suoi principi attivi principali sono i flavonoidi, la saponoside, la silice, i Sali di potassio e l’equisetonina. Favorisce lo sviluppo dei globuli rossi ed è antireumatico; viene inoltre usato per combattere anemie, osteoporosi e contrastare la caduta dei capelli o la fragilità delle unghie. Si possono fare decotti per combattere i calcoli renali. In antichità aveva anche un valore in cucina: ormai raramente è utilizzato come alimento aggiungendolo a zuppe e minestroni per la sua capacità remineralizzante. In alte culture,come quelle orientali, viene cucinato facendolo bollire, salare e macerare in salse locali.

Anticamente le piante, previa macerazione, venivano usate come fertilizzanti o per combattere gli effetti della ruggine. Era anche utilizzato, per via della sua azione abrasiva dovuta al grande contenuto di sali minerali e silice anche per la pulitura dell’interno delle bottiglie. L’equiseto è una pianta utile, ma non protetta per via della sua abbondanza sul territorio. Viste le numerose proprietà medicamentose e naturali è possibile raccoglierlo, facendo tuttavia attenzione all’ambiente di crescita. Infatti, essendo una pianta che vegeta in tutti i tipi di terreni umidi,cerchiamolo,se vogliamo utilizzarlo vicino a torrenti o ruscelli con acque limpide, lontano da possibili fonti di inquinamento, purtroppo sempre troppo presenti nel nostro territorio.

 

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