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Lupo di Toscana

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Risposte pubblicato da Lupo di Toscana

  1. L'idea di Marco devo dire che era già balenata nella mia testa ...................

    Aggiungo alcune considerazioni che va provato prima possibile per vedere se l'idea prende campo inoltre penserei sul coperchio da mettere  dei fori per metterci le piante che secondo me con la  mia scarsa conoscenza dovrebbero al più alto caratteristica di simbiosi fungo piante e poi proverei con dei coloranti che dovrebbero evidenziare le strutture sottostanti

    Se ci riusciamo il debutto deve essere al campionato di Cerreto laghi non mi immagino la gente che si fermerebbe e poi un salto ulteriore di qualità per la nostra Associazione 

     

    :friends:

     

  2. Per fare germinare le ghiande occorre per fare in tempi brevi un processo la cosi detta vernalizzazione in semplici parole deve subire Natura è meravigliosa un periodo di freddo per poi succesivamente germogliare durante la fase primaverile . Quindi cosa devi fare prendere le ghiande metterle in una vaschetta con sotto un foglio di carta bagnato sopra ghianda poi altro foglio di carta umido un coperchio per evitare che la carta si asciughi e poi le metti in  frigorifero dopo 30gg vedrai spuntare la radice a questo punto la puoi piantare in vasetto .......

    Cmq le voglio anch'io le ghiande di quercia sughera così le propago in Calvana

     

    Un abbraccione

     

  3. Ceppo senza tentenamenti dobbiamo tornare in  quei posti meravigliosi e vado anche contro me stesso perche le coste del ceppo per il mio ginocchio sono micidiali ma l'emozioni che ci ha dato il Ceppo  rimangono indelebili e fin dei conti era insieme ad Vallombrosa uno dei capi saldi dei nostri raduni....................

    CEPPOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO...............................:wub:❤️

     

    :drinks:

     

    • Like 1
  4. Bel racconto di come piace che sia il bosco fiorito non solo di porcini ma delle varie specie di funghi per un attimo visto la varietà presenti ho avuto un sussulto che tu eri in maremma mi sono ravveduto che ora in maremma c'è il deserto fungino purtroppo non solo..

    non vedo l'ora per  domenica si sale per il palcoscenico vedremo cosa la Natura ci farà vedere  di sicuro montagne e luoghi che per noi hanno un significato che va al di là dei funghi......❤️.

    - 6 giorni

     

    Un:friends:

  5. Ho tolto ieri il miele sicuramente di acacia vedremo quando smieleremo..................

    il raccolto non tanto ma  c'è dopo che l'anno scorso a causa della gelata tardiva l'acacia fu completamente bruciata riusci  a fiorire  lo stesso perchè l'acacia ha tre genmme una centrale che è nettarifera e due che che fioriscono solo quando ci sono delle condizioni avverse per la prima ma con scarssima produzione di nettare da parte dei fiori secondari........... L'acacia che ha scarso contenuto di polline per farsi visitare dagli insetti produce molto nettare e in tal modo sopperisce alla sua scarsa quantità di polline attirando in questo caso gli insetti come le api..................anno 2011 vespaio quando avavano le api lassù fu una annata di acacia eccezionale a tal punto che le api lassù continuavano ad bottinare l'acacia che può arrivare ad  vivere fino ai 900 metri di altitudine e nonstante era già fiorito il castagno  le api continuavano ad bottinare l'acacia....................che annata fu 2011

  6. Purtroppo vari impegni  la stanchezza che si fà sentire anche di più perchè il tempo passa non sono arrivato lassù nel regno del Gibbo sicuramente visto i vari commenti e le foto di voi tutti si respirano l'emozioni  che sono emerse........

    Ambiente la Calvana particolare un groviera carsicico inaspettato vista la tipologia del territorio circostante ma proprio per questo la Natura si sbizzarisce nelle varie forme di vita particolari  o divese  .......nella mente e nel cuore sono riaffiorati i racconti di mia suocera nata lassù in quei monti e contadina e pastora in gioventù rimanevo stupito e affascinato dalla diversità dell'ambiente passato e quello presente.........

    Era in passato luogo di coltivazione di grano e segale pascolo per pecore e di animali selvatici utili a quel tempo per avere un pasto di proteine come le starna che Livia  mi raccontavano erano  abbondanti dovuto sicuramente anche alle  coltivazioni che vi erano in quel periodo.................

    Grazie a voi tutti....................

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  7. Microplastiche ovunque: trovate anche sulle api

    Redazione 3 settimane fa Notizie Lascia un commento 554 Visite

     

    Le api sono sempre più spesso coperte di microplastiche, che raccolgono dall’aria perché volando i peli di cui sono coperte si caricano elettrostaticamente.

    Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi ultimi anni a proposito delle microplastiche, minuscoli frammenti che derivano dalla frammentazione di prodotti più grossi e che costituiscono una delle più nuove e invasive forme di inquinamento ambientale, è che sono ovunque.

    Non è polline… Le troviamo nel cibo, in mari e oceani, persino nelle nostre feci, e ora, stando a quanto si legge in uno studio pubblicato su Science of the Total Environment, anche su un insetto che ha già parecchi altri problemi, e che se potesse si eviterebbe volentieri di doversi preoccupare anche di questo. Parliamo delle api: sia quelle domestiche sia quelle selvatiche sono sempre più spesso coperte non di polline, ma di microplastiche.

    La caccia alla microplastica è, tristemente, una delle attività di ricerca più diffuse degli ultimi anni. Frammenti di plastica di dimensioni inferiori a 1 mm (lo standard in base al quale si possono definire “micro”) sono stati ritrovati più o meno ovunque sul pianeta Terra, dai ghiacci dell’Antartide alle Galapagos. Il gruppo di ricerca guidato da Carlos Edo dell’università di Madrid ha voluto quindi mettere alla prova un’ipotesi relativa alle api, il cui corpo è coperto di peli che durante il volo si caricano elettrostaticamente: è in questo modo che trattengono il polline che raccolgono quando si nutrono, e lo diffondono nell’ambiente.

    Sulle operaie. Questa stessa caratteristica dovrebbe, in teoria, trattenere anche altre particelle: per esempio le microplastiche, appunto. Per verificarlo, il team ha analizzato le api operaie (quelle che più si allontanano dall’alveare per esplorare) di 19 alveari in Danimarca – 9 nel centro di Copenaghen, gli altri 10 in periferia e nelle campagne circostanti – e ha trovato tracce di microplastiche ovunque.

    Leggendo i risultati dell’analisi si scopre che una particella su sei tra quelle presenti sul corpo di un’ape è una qualche forma di microplastica: un frammento (derivato dalla disgregazione di un oggetto più grande) o una fibra (creata dall’uomo per avere quella forma). Il 52% di tutto il materiale rinvenuto, in particolare, è un frammento, mentre tra le fibre domina il poliestere. Non solo: è vero che, prevedibilmente, le api di città portano addosso più microplastiche rispetto a quelle di campagna, ma la differenza in termini quantitativi è minima, il che secondo gli autori è un segno dell’importanza del vento nella dispersione di questi inquinanti.

    Che effetti avrà? In realtà, se è vero che lo studio ha identificato una grande varietà di microplastiche, è anche vero che non è stato possibile indicarne precisamente l’origine, né quale possa essere il loro effetto sulla salute degli insetti e su ciò che producono. Secondo gli autori, però, in attesa di saperne di più, lo studio delle microplastiche sul corpo di un’ape potrebbe diventare un valido strumento di analisi dell’inquinamento di un’area.

    Di Gabriele Ferrari
    Fonte: Focus

     

    Nessuno strumento è in grado di fare una fotografia dell'ambiente come le api, purtroppo siamo alla deriva del Paradiso Terra......

    che tristezza per le future generazioni.................

     

     

  8. Infatti dobbiamo cercare di aumentare i ceppi di api in loco operazione che faremo se avrò tempo faremo regine solo di una postazione per volta portandole a fecondare dalla postazione dove sono state prelevate le larve per fare le regine fase importante poi per alcune postazioni proveremo la differenza genetica visto l'area dove avviene la fecondazione per la presenza di più apicoltori nelle vicinanze  avremo una notevole diversità genetica................ad esempio sofignano faremo regine da larve e poi  fecondate lì come in postazione di migliana visto che una si adattata bene al luogo come quelle di gavazzoli mentre in pianura adotteremo una mescolanza genetica atta alla ricerca di regine che poi potremo provare nelle altre postazioni in modo da verificare la lorol adattabilità ad i diversi ambienti....................Questo sarà il  nostro programma apistico della nostra avventura apistica......lunga strada per arrivare ad avere i risultati con due fattori tempo e un pizzico di fortuna..................

  9. Da anni ripetiamo che il numero di api (e in generale di insetti impollinatori) è in declino, complici soprattutto parassiti e fattori antropogenici (cioè dovuti all’uomo), come l’uso di pesticidi e la distruzione dell’habitat. Tuttavia gli ultimi dati FAO (Food and Agricultural Organization) sulla presenza di arnie nel mondo contrastano con questa visione e restituiscono un quadro non così catastrofico, rilevando un aumento del numero di arnie in Africa, nelle Americhe e soprattutto in Asia, e registrando una tendenza negativa solo in Europa. Come mai?

    Le api sono meno a rischio di quanto crediamo? Purtroppo no Il grafico il numero di arnie (in milioni) censite in diversi continenti nel 1969 e nel 2019. © FAO | Statista

    Per chiarire la questione abbiamo sentito due esperti sul tema: Guido Agostinucci, direttore operativo della sede FAO in Georgia, e Daniela Lupi, professoressa associata presso il dipartimento di Scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente all’Università degli studi di Milano.

    Censimenti mancati. «La FAO raccoglie i dati trasmessi dai governi dei diversi Stati del mondo», spiega Agostinucci: «Il problema è che in molti Paesi in via di sviluppo, come l’Asia o l’Africa, i sistemi di censimento sono migliorati solo negli ultimi dieci o venti anni, e fino a qualche anno fa non erano affidabili». I dati FAO di Asia, Africa e Sudamerica risulterebbero dunque “falsati” dal mancato o errato conteggio delle arnie negli anni passati: se così fosse, il loro numero non sarebbe realmente aumentato.

    Arnie, non api. Un’altro aspetto su cui riflettere è l’oggetto del censimento: non le api in senso assoluto, ma le arnie. «Ogni arnia di apis mellifera (le “classiche” api da miele) può contenere da 10.000 a 60.000 esemplari», spiega Agostinucci. Un’arnia però, a fini statistici, vale sempre uno, a prescindere dal numero di api che contiene: è chiaro che, se vogliamo calcolare il numero di api nel mondo, otto milioni di arnie da 10.000 esemplari non equivalgono certo a otto milioni di arnie da 60.000 esemplari.

    Rimpiazzi. «Credo che questa statistica non tenga nemmeno conto delle arnie che vengono sostituite», sottolinea Lupi. «Ogni anno, complice l’influenza di fattori antropogenici e parassiti come il Varroa destructor, gli apicoltori perdono diverse arnie, che però sostituiscono per mantenere il livello di produzione». A fine anno, però, le arnie perse non vengono dichiarate, e non sono quindi riflesse nel conteggio finale.

    Le api sono meno a rischio di quanto crediamo? Purtroppo no L’immagine illustra la perdita (in %) di colonie di api da miele nel 2008 in diverse zone degli Stati Uniti. © vanEngelsdorp et Al. 2008

    È dunque vero che le api, sia selvatiche sia allevate, sono a rischio? «Assolutamente sì», conferma Lupi, che qualche anno fa ha tenuto una conferenza sul fenomeno del colony collapse disorder (CCD, in italiano sindrome dello spopolamento degli alveari). La tendenza, purtroppo, è al ribasso da tempo: uno studio del 2008 aveva già rilevato un notevole calo nel numero di colonie di api da miele negli Stati Uniti, con percentuali che in alcuni Stati superavano il 50% (nel grafico qui sopra il quadro del 2008).

    Biodiversità in calo. Le api sono dunque in generale insetti a rischio, ma all’interno di questo quadro negativo la situazione più tragica è quella delle api selvatiche: «I fattori che determinano la moria di api sono gli stessi, ma le api selvatiche ne risentono più di quelle allevate, perché vivono in luoghi non antropizzati», afferma Agostinucci, facendo riferimento in particolare alla distruzione dell’habitat e alla perdita di biodiversità che impedisce alle specie selvatiche di impollinare. Il calo nella varietà di fiori selvatici incide infatti sulla salute delle api, che si ritrovano con poche specie vegetali da impollinare: al contrario, piante diverse garantiscono fioriture in epoche diverse, e quindi cibo per tutto l’anno per gli insetti impollinatori.

    Impollinazioni alternative. Se è vero che l’Europa ha proibito da tempo (tramite il regolamento 1107/2009 e il PIC regulation) diversi pesticidi di cui si è fatto largo uso tra gli anni Settanta e Novanta, l’uso di neonicotinoidi, molto dannosi anche in quantità infinitesimali, è stato ristretto (ma non proibito totalmente) solo nel 2018. Molti Paesi, come la Cina o l’India, hanno iniziato a proibire l’uso di alcuni pesticidi da pochi anni, e i danni di decenni di uso indiscriminato si vedono: «In Cina, così come in California, c’è una tale carenza di impollinatori che esistono aziende che si dedicano a trasportarli durante la stagione della fioritura, affinché possano impollinare mandorli e noci nelle coltivazioni», spiega Agostinucci, sottolineando che in alcune zone della Cina, a causa dell’indiscriminato uso di insetticidi e pesticidi, gli agricoltori si vedono costretti a impollinare a mano.

    Insomma, la situazione non è affatto migliorata, anzi: come succede nel caso di emergenze che non causano morti o danni immediati e visibili (come i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale), rischiamo di accorgerci di quanto andava fatto quando sarà ormai troppo tardi. Le api non sono solo produttrici di miele: lo ricordava già nel 1901 il drammaturgo belga Maurice Maeterlinck, citato dalla professoressa Lupi in apertura alla sua conferenza sul CCD, con una frase che riportiamo, sperando serva da monito: “Se le api sparissero dalla faccia della Terra, agli uomini rimarrebbero appena quattro anni di vita”

    Chiara Guzzonato
    Fonte: Focus Sempre da Apicoltore Moderno

  10. 2 minuti fa, Lupo di Toscana ha scritto:
     
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    Microplastiche ovunque: trovate anche sulle api

    Microplastiche ovunque: trovate anche sulle api

    Redazione 2 ore fa Notizie Lascia un commento 112 Visite

     

    Le api sono sempre più spesso coperte di microplastiche, che raccolgono dall’aria perché volando i peli di cui sono coperte si caricano elettrostaticamente.

    Se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi ultimi anni a proposito delle microplastiche, minuscoli frammenti che derivano dalla frammentazione di prodotti più grossi e che costituiscono una delle più nuove e invasive forme di inquinamento ambientale, è che sono ovunque.

    Non è polline… Le troviamo nel cibo, in mari e oceani, persino nelle nostre feci, e ora, stando a quanto si legge in uno studio pubblicato su Science of the Total Environment, anche su un insetto che ha già parecchi altri problemi, e che se potesse si eviterebbe volentieri di doversi preoccupare anche di questo. Parliamo delle api: sia quelle domestiche sia quelle selvatiche sono sempre più spesso coperte non di polline, ma di microplastiche.

    La caccia alla microplastica è, tristemente, una delle attività di ricerca più diffuse degli ultimi anni. Frammenti di plastica di dimensioni inferiori a 1 mm (lo standard in base al quale si possono definire “micro”) sono stati ritrovati più o meno ovunque sul pianeta Terra, dai ghiacci dell’Antartide alle Galapagos. Il gruppo di ricerca guidato da Carlos Edo dell’università di Madrid ha voluto quindi mettere alla prova un’ipotesi relativa alle api, il cui corpo è coperto di peli che durante il volo si caricano elettrostaticamente: è in questo modo che trattengono il polline che raccolgono quando si nutrono, e lo diffondono nell’ambiente.

    Sulle operaie. Questa stessa caratteristica dovrebbe, in teoria, trattenere anche altre particelle: per esempio le microplastiche, appunto. Per verificarlo, il team ha analizzato le api operaie (quelle che più si allontanano dall’alveare per esplorare) di 19 alveari in Danimarca – 9 nel centro di Copenaghen, gli altri 10 in periferia e nelle campagne circostanti – e ha trovato tracce di microplastiche ovunque.

    Leggendo i risultati dell’analisi si scopre che una particella su sei tra quelle presenti sul corpo di un’ape è una qualche forma di microplastica: un frammento (derivato dalla disgregazione di un oggetto più grande) o una fibra (creata dall’uomo per avere quella forma). Il 52% di tutto il materiale rinvenuto, in particolare, è un frammento, mentre tra le fibre domina il poliestere. Non solo: è vero che, prevedibilmente, le api di città portano addosso più microplastiche rispetto a quelle di campagna, ma la differenza in termini quantitativi è minima, il che secondo gli autori è un segno dell’importanza del vento nella dispersione di questi inquinanti.

    Che effetti avrà? In realtà, se è vero che lo studio ha identificato una grande varietà di microplastiche, è anche vero che non è stato possibile indicarne precisamente l’origine, né quale possa essere il loro effetto sulla salute degli insetti e su ciò che producono. Secondo gli autori, però, in attesa di saperne di più, lo studio delle microplastiche sul corpo di un’ape potrebbe diventare un valido strumento di analisi dell’inquinamento di un’area.

    articolo Apicoltore Moderno.......................

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