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" Giridifalco"


Romanus

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Si Maria, oggi sono già quattro anni e la mancanza di Giorgio si sente ancora forte ogni giorno anche qui.

 

Non c'è topic che parli di boschi e soprattutto di montagne dove non mi chieda "chissà come avrebbe commentato Giorgio,cos'altro avrebbe aggiunto a questo topic"

 

Il falco pellegrino, ma i rapaci in genere erano i suoi "occhi come ali", il mezzo per volare sopra tutto e raggiungere luoghi dell'anima altrimenti irraggiungibili, la sua idea di Libertà fatta animale.

 

Per questo voglio lasciare qui, spostandolo in questa sezione,

il racconto che ho pensato per lui perchè, adesso che c'è,

credo sia questo il suo posto in forum.

 

Un abbraccio grande Maria... :hug2:

 

 

 

 

“ Giridifalco “

 

 

Salgo stranamente leggero e ripido su sinfonie di fiati e percussioni di cuore.

A condurre il passo un tempo di valzer fischiettato nella testa su cui piazzo

due coppie di sbuffi alla fine di ogni giro.

Così mi tengo compagnia e guido sottobraccio il cuore verso il suo nuovo ritmo.

 

Nell’aria fredda di mattino inseguo il fiato caldo degli sbuffi mimare il volteggio effimero

di un strascico candido, fino a vederlo fondersi nell’abbraccio sensuale

di un elegante completo blu notte.

Sotto un lampadario di mille cristalli sospeso al centro della volta,

il cuore infine trova giusta frequenza dove riposare il primo picco di giornata.

 

Intorno è ancora buio, silenzio e stupore.

Stupore di quando è un odore ad aprire la porta a un ricordo e per vederlo meglio

sei costretto a chiudere gli occhi.

E‘ stupore di profumo di erba di mattino, di alito fresco di foglia annusato,

di luogo d’origine percepito, di segreto di vita rivelato, di approdo finalmente raggiunto.

 

La prima luce mi regala visioni di montagne dai profili dolci,

non più dure, sofferte, taglienti come Sassi di dolomia

Montagne enormi si, ipnotiche, ma stavolta ricalcate sull’idea di un profilo di pace.

Il profilo di un enorme sorriso ripetuto all’Infinito.

 

Attraverso boschi alti e eleganti, come di Pino Cembro delle Valli di Gardena.

Non ho però bisogno di tagliarli per trasformarli in musica.

A suonarli per me, una mano leggera di vento improvviso che prima non c’era.

 

Se su questa Terra ci è dato misurare l’ampiezza di un angolo di pace,

io lo faccio adesso, guidando un raggio di sole di mattino incidere a sangue

sulle vette pazienti la firma effimera di un passaggio .

 

Mai come adesso comprendo cosa significhi

“ Vivere veramente , non puramente trascorrere i giorni ”.

Un respiro troppo entusiasta mi regala la prima vertigine di giornata,

o forse è soltanto stata l’apnea di un girodifalco troppo stretto.

 

Oggi voglio camminare tanto, dopo essermi convinto di una strampalata

corrispondenza diretta tra fatica prodotta e ricompensa finale ottenuta .

Al primo netto cambio di pendenza, scivolo sull’erba imperlata dalla notte.

Le suole delle pedule negli anni hanno perso mordente, come discorsi troppo macinati.

L’istinto spinge mano in basso sul bastone a mantenere distanza dal dolore.

Dolore che più non provo, ricordo confuso e perso come chiazza di verde fresco

nella tavolozza mimetica dei pantaloni quando l’acqua sarà evaporata.

 

Acqua .…

 

Ho mandato giù fiumi di parole che mi hanno lasciato assetato ,

gocce di altre che mi hanno allagato dentro rompendo gli argini dell’indifferenza.

 

“ Non esiste un uomo tanto povero da non poter donare nulla ;

sarebbe come dire che il piccolo ruscello di montagna

non ha nulla da donare al mare perché non è un fiume .

Donate quel che avete .

Per qualcuno potrebbe essere più di quanto osiate sperare “ .

 

(Henry Wadsworth Longfellow)

 

 

Avrò donato abbastanza ?

 

E’ Acqua che interroga l’anima con risacche di pazienza , gonfia vele di pensiero,

rimesta e setaccia fino a quando, sfinita e felice riabbraccia “ Terra “!!

solcando la rotta degli occhi.

 

Ancora la piccola vertigine di un girodifalco,

ancora, intimamente dentro, il vortice caldo di un’emozione ascensionale.

 

Girodifalco tutt’attaccato tutto d’un fiato, a significare schiocco di dita,

battito di ciglia, improvviso frullo d’ali di un sentimento in partenza per una

migrazione verticale dal cuore alla mente per diventare Verità rivelata.

 

Salgo da solo,

ma salire da soli non è mai salire soli se si hanno volti da ripercorrere in silenzio,

se il vento discreto di mezzacosta porta nelle orecchie parole da stendere

come unguenti magici su ferite mai chiuse, su discorsi mai conclusi,

su sogni mai rinunciati.

Se salutando sul vetro appannato del vissuto una mano amica svela

un volto conosciuto che ti sorride un Grazie.

 

E’ ancora un girodifalco a rialzarmi lo sguardo e a spingermi a salire per raggiungere

l’altro Io che non credevo ma che da sempre aspetta di sommarsi a me quassù

per essere finalmente uno.

 

Quassù dove Dio diventa finalmente d’Io, pronome possessivo di una lingua

che non capivo ma che comprendo senza sforzo alcuno adesso.

Mi invita a sedermi sul masso di fronte,

occhi negli occhi mischia con dolcezza le carte dei miei giorni passati.

Gli rimando un sorriso mentre lo osservo voltare, anche loro faccia in su,

sguardo in alto, le carte del mio mazzo.

 

E mi sorprendo a ridere nell’ascoltarmi dettare sfacciatamente le regole del gioco,

senza vie di fuga predisposte alle spalle, scoprirmi di nuovo a puntare tutto,

ancora una volta, e per sempre, giocatore d’azzardo soltanto di me stesso :

 

“ A carte scoperte, ci giochiamo l’anima,

e l’ultimo tramonto chiama giro “

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L'avevo cercato e letto ieri sera, ne sentivo il bisogno, non per ricordare Giorgio, lui non si scorda,

ma per compiere una specie di liturgia che celebrasse questo giorno e, a dirla tutta, per trovare il coraggio

di decidere se scrivere o meno nel suo ricordo e intanto che pensavo il da farsi, altre cento domande nascevano in me,

portandosi dietro mille dubbi difficili da spiegare e che nel rispetto di Giorgio, non si sarebbero neppure dovuti formare.

Mi son vergognato di questa mia indecisione e questo disagio l'ho ancora dentro, chissà quando passerà?

 

Ma mentre leggevo, speravo tanto che tu facessi quello che hai fatto oggi,

perchè queste tue parole sono, per me, le più belle che si potevano dedicare a Giorgio.

 

Grazie Carlo, ancora una volta mi hai insegnato qualcosa di vero, com'è vero che Giorgio manca ad entrambi,

con tutto quello che avrebbe potuto ancora darci, compresa la certezza dei sentimenti che da lui sgorgavano

più limpidi e freschi, semplici e...naturali!

 

:hug2:

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  • 5 anni dopo...

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