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"Gli Aquilari"


piccio

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Per Gentilissima concessione del Direttore dela rivista mensile Fidelis Amatrix Sig. Ciaralli.

 

Ringrazio personalmente il Dott.Giuliano Castiglia con il quale ho preso contatto telefonico , autore di qaesto interessantissimo articolo.

 

 

“GLI AQUILARI”

 

Aspetti storici della predazione umana sull ‘Aquila Reale nell’Appennino Centrale (Monti della Laga, Monti Reatini, Valnerina.)

 

 

L’Aguglia è similmente uccello vivente di ratto, che per la sua fortezza e suo ardire è chiamato re degli uccelli, imperocche’ tutti gli uccelli quella temono ma ella niuno teme.

 

Cosi lo studioso bolognese Pier De Crescenzi verso il 1300 descriveva l’Aquila.

Molto sono state le vicende che hanno riguardato i rapporti tra il grande rapace e l’uomo, approccio che come è successo per altri animali selvatici e’ stato spesso deleterio per questa specie

Una di queste storie è quella della predazione umana dei nidi dell’aquila che, e bene precisarlo, va elusivamente collocata in contesto storico specifico e pertanto ogni estrapolazione da quel periodo va ovviamente stigmatizzata.

 

Gli Aquilari.

 

In tempi a noi non lontani l’aquila reale era regolarmente nidificante nelle zone montane adatte all’Appennino centrale. La predazione dei nidi da parte dell’uomo in alcuni distretti rurali era nota e veniva effettuata con una certa regolartia’ dai così detti aquilari, termine che non si trovera’ nei vocabolari , ma che bene esprime quelle attività di persone piu’ o meno specializzate che si dedicavano a questa pratica.

Il profilo dell’auqilaro si colloca in un preciso contesto storico e forse attiene piu’ alla letteratura , alla storia locale,al folklore e all’etnografia che al costume cinegenetico.

L’aquilaro non caccia le aquile, non gli spara, e’ interessato solo alla cattura dei suoi piccoli e per far cio’ deve confrontarsi faccia a faccia con l’aquila, conoscere le sue abitudini e fronteggiare talora la sua giusta aggressività. Per arrampicarsi e dondolare sulle rupi a strapiombo egli deve mettere in campo doti fisiche non indifferenti, deve avere una predisposizione psicologica ad una cattura che non e’ semplice ma il piu’ delle volte e’ ardita e spettacolare. L’aquilaro non e’ interessato nemmeno all’eventuale premio o vendita del rapace ma si compiace della sua cattura e delle circostanze sociali che ne derivano. A differenza del luparo che in un contesto arcaico silvo-pastarole era considerato un benefattore poiche’ difendeva le greggi dai pur ingenti danni che il lupo poteva arrecare e quindi era un garante del patrimonio ovino individuale o collettivo, l’aquilaro non era un difensore del bene poiche’ la predazionedell’aquila non comportava danni quantitativamente rilevanti ne tantomeno poteva esistere un presunto pericolo per l’uomo, ma la sua opera fu certamente incoraggiata dalla cultura di quel mondo venatorio al tempo vera autoritas della fauna selvatica che allora quale res nullius veniva tutta considerata preda o selvaggina, e nella politica di assestamento venatico dell’epoca si tendeva all’eliminazione di tutti quegli animali, compresi gli uccelli rapaci, che potevano interferire con la selvaggina detta “ nobile”.

I mezzi adatti per la cattura di questi animali erano costituiti anche da trappole e veleni.

In quegli anni la cattura e l’uccisione dell’aquila era non solo legale ma addirittura premiata come “lotta agli animali nocivi” e la loro cattura costituiva quasi sempre oggetto di curiosita’ ed ammirazione cosi’ come descritto nei periodici venatori, nelle cronache dei giornali locali o nelle belle e suggestive rappresentazioni della Domenica del Corriere,

Ettore Arrigoni scriveva:

“ …dicesi che qualche volta rapisca o attacchi anche fanciulli o giovani pastori. E’ uccello dannosissimo soprattutto all’epoca dell’allevamento della prole. Per distruggere questo terribile uccello gli si tendono trappole o lo si caccia colk fucile ma la sua grande forza e rapidità del volo ne rendono difficile la cattura. E’ piu’ efficace di prendere i piccoli al nido ma e’ caccia che richiede molta pratica e che presenta gravi difficolta’.” ( Padova 1926).

 

Monti della Laga.

 

Sulla Laga nel decennio precedente la fine dell’ultima guerra specializzato nella cattura delle aquile era Mingunittu al secolo Domenico Puglia.

 

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Son ben 9 gli aquilotti che ha catturato quando da giovane si inerpicava sull’ arenaria della Laga.

Il figlio Nunzio nato nel 1939 che da ragazzo ha vissuto quegli avvenimenti , cosi’ racconta:

 

“ oggi riporto l’aquilotto “, mi diceva mio padre. Io aspettavo sempre a casa durante la cattura non ci voleva nessuno . Dalla zona teneva sotto controllo il nido per tanto tempo. Ce l’aveva di fronte lo vedeva ad occhio nudo perche’ la distanza non era tanta. Ai primi giorni del mese gia’ controllava poi quando l’aquilotto lui diceva cominciava a move l’ali pe pia’ allenamento, se sporgeva, allora era ora.

Poi siccome che l’aquilotto , diceva lui, rimaneva nella grotta, e lui scendeva a piombo e la grotta se la vedeva davanti, allora se portava un bastone, dava na botta alla roccia, quanno lo tiravano giu’ co la corda era pure diffcile perche ‘ doveva dondola’ qua e la’ pe’ entra nella grotta. L’aquila s’allontanava per ore e s’allontanava perche’ ie sparavano pure, nun ie’ psaravano pe ammazzala, pe daie fastadio a tal punto che se ne doveva anna’, che nun se vedeva piu’. Ma quando stavano inisieme non era tanto brutto perhe’ c’erano l’altri che te potevano difenne, facevano caciara…..Una vorta ebbe una grossa paura, l’aqula ie se parava da tutte le parti co gli artigli e co le ali,, dovette aspetta ‘ parecchio tempo prima che se ne annasse.

L’unica vorta che ha avuto paura. Nun c’javeva paura de niente. Quella fu’ l’unica vorta che ebbe paura.

Non poteva scenne con l’ingombro dell’aquilotto allora lui lo buttava giu’, quello apriva le ali e poi scendeva.( cioe’ doveva essere sicuro che, abbastanza grande, era in grado di planare attutendo la caduta). Invece quelli dell’altro paese lo buttarono e gli mori’.

Tutta la gente a guarda’ st’aquilotto, veniva pure la guardia. Una volta ha ricevuto un premio dalla societa’ dei cacciatori”.

Un ritaglio de “IL TEMPO” degli anni 40 in cronaca locale infatti intitola: LA CATTURA DI UN ‘ AQUILOTTO”.

Il Sig. D. Puglia –detto il cacciatore- catturava la scorsa settimana un bellissimo aquilotto in ardua gola della nostra montagna. Le ali del pennuto misurano m. 2, 23 di lunghezza. Il Puglia e’ un abile catturatore di aquilotti. Alcuni di questi sono vissuti nel gabbione dei nostri dei nostri giardini pubblici.

Questa volta la societa’ dei cacciatori di Rieti le gha regalato un premio di lire 200.

Le aquile catturate quando non finivano al giardino zoologico o nelle gabbie della citta’ dell’Aquila, venivano alloggiate in una gabbia su un paesino dei monti della laga o in quella istituzionale della citta’ di Amatrice.

L’ultima aquila che era in gabbia – dice Nunzio- fu liberata da tedeschi nel 1944.

 

Monti Reatini.

Tarzan e le aquile .

 

Pe i MM. Reatini Di carlo (1958) dice che l’aquila e’ stazionaria sui MM del Terminillo ove ha vari centri di nidificazione. In particolare per il versante nord e Leonessa dice che una o due aquile, stando comodamente seduti nella piazza, roteare attorno alla rocca o su alta nel cielo, e’ spettacolo non insolito per i leonessani. E a Leonessa terra di lupari doc non potevano mancare gli aquilari.

E’ “ Tarzan”, classe 1922, l’uomo delle aquile che tutti qui conoscono con questo nome che e’ gia’ tutta una storia. In quelle montagne , negli anni 40 , catturo’ con imprese rocambolesche le sue aquile..

Non avevo nemmeno 20 anni, per arrivare sul nido ci vollero 15 persone con le corde-…..

L’ornitorologo Di carlo che intorno a quel periodo faceva il medico in quel centro montano, cosi’ scrive nel suo studio sui monti del Terminillo: Ogni anno poi vengono catturati da parte di animosi del luogo, uno o due aquilotto nel nido, un po’ per spirito di avventura ed un po’ collo specioso pretesto della loro nocivita’: deprecabile impresa, cui nessuno vieta e porre riparo, che anzi viene magnificata dal popolo e dalla stampa. Il 12 luglio 1953 un pullus di qualche settimana viene catturato nel suo nido nei Monti Reatini: E’ ancora copeto di piumino bianco… nel nido resti di serpi, brandelli di pelle e teste di lepre, resti di galline e piume di altri uccelli. Il 9 …..1955 sempre nel solito nido vengono catturati due pullus, che io vedo alla fine del mese…. Ed inoltre Il 28 ,,,, 1951 una giovane aquila reale , sorpresa a terra a divorare una lepre, viene catturata da due boscaioli.

 

 

Valenerina

Un aquila tra le mummie

C’è una coppia di cinesi – marito e moglie- morta di colera, innamorati caduti dal campanile, , impiccati , guardie del papa e molta altra gente a cui la morte a sorriso beffarda. E c’è pure un’ aquila che un tempo sfidava i venti che soffiavano sulla tebaide umbra. Strappata alla vita e alla liberta’ e’ ora qui con le ali distese a ricordarci la sua regalita’. Uccisa d a un cacciatore fu inumata nei primi anni del ‘900 da un certo Dott. Lucchi che venuto dalla terra di Romagna qui in valnerina a presentare la sua opera di medico condotto rimase incuriosito dal singolare fenomeno che avveniva nella cripta della Chiesa di S. Stefano.

Sono le famose mummie di Ferentillo paese che apre le porte alla Valle del Nera, quella piu’ interessante e risparmiata al turismo di massa che in uno scenario fantasmagorico costellato da scrigni nascosti di natura, cultura , arte e religiosita’, corre tortuosa fino a Visso , Cascia e Norcia.La mummificazione naturale dei corpi inumati nella cripta della chiesa e’ avvenutra per un complesso processo fisico-chimico ed insieme a quei resti umani si sono tramandate anche le loro storie.

Nel paese un aquilaro per caso e’ Felicetto Ceccarelli che nel 1938 munito di funi s’inerpica sulle pendici di un Monte per raggiungere il nido l’aquila. “ Fu una scommessa” disse Felicetto , che dopo tanti anni e’ tornato da Toronto nel Canada qui a Ferentillo e dalla sua casa guarda la montagna dell’aquila.

“Nessuno ci credevca che mi potevo arrampicare fino a lassu’, fu un’ impresa pericolosa,….l’aquilotto fu poi portato all’aereoporto di Ciampino dove esisteva una gabbia per le aquile.”

E sembra che negli aerei scali romani finissero diverse aquile di queste zone, come i due aquilotti catturati nel luglio del 1951 presso il monte C. da un guardia caccia di Spoleto nell’ambito della bonifica ai rapaci.

E qui in Valnerina , terra degli antichi Naarci tribu’ sabina, l’aquila plana ancora per queste valli. Nel giugno del 1977 diretti a Monte C. ci fermiamo ad osservare il volo di un aquila che volteggia alta nel cielo, poi in un paese da favolo posto di fronte ad un immensa muraglia chiediamo notizie sulla sua presenza ad un abitante del luogo, questi prima ci chiede se siamo di qualche associazione naturalistica contro le quali inveisce visto che queste vogliono proteggere aquile e lupi , animali che “e’ un bene scompaiano”“.

Ce ne guardiamo bene da dirgli che siamo anche ornitologi e dichiarando di essere semplici escursionisti lo tranquillizziamo, poi parlando ci dice che l’aquila gli ha gia’ rubato sei galline.

Ci indica infine sulla grande muraglia un nido.

Si tratta di un sito a caverna posto perpendicolare a strapiombo che il grande rapace usa a rotazione con altri due siti.

In questa ampia zona della Valnerina e i monti del Terminillo alla fine degli 70 sono due o tre le coppie nidificanti.

 

Mito Simbolo Leggenda.

 

L’Aquila reale è l’uccel di Giove Iovis Avis cosi’ come ricordato da Virgilio e da dante , essa siede presso il suo trono e gli porta fulmini.

Per ordine di Giove rapi’ Ganimede il piu’ bello dei mortali che l’aquila trasporto’ in cielo perche’ doveva servire agli dei come coppiere e che gli astronomi collocarono poi nelle costellazioni col nome di acquario.

All’Aquila e’ riferita la virtu’0 dell’intelligenza e nella simbologia araldica rappresenta la potenza e la vittoria.

Dai XXXXXXXni e poi da Roma fu adottata come emblema per le legioni, tra i soldati c’era l’alfiere o auqilifer che portava l’insegna.

Figurava negli stendardi dell’esercito di Ciro il grande e nel Medioevo era simbolo dell’Impero e della parte ghibellina.

In epoca moderna fu simbolo dell’impero napoleonico e molte nazione ne hanno adottato la figura: dagli States nordamericani che nel 1872 presentavano un’aquila dalla testa bianca con folgori e d Ulivo, alle rappresentazioni piu’ aggressive dello stato fascista e nazista .

 

L’evoluzione dei rapporti uomo-aquila

Realta’ e problemi di conservazione.

 

Archiviato il periodo storico degli aquilari , l’aquila ha dovuto poi subire fino a verso gli anni 70 quella massiccia e deleteria campagna contro gli “ animali nocivi” attuata anche con i famigerati bocconi avvelenati e i numerosi casi di abbattimento per bracconaggio si e’ talora aggiunta l’insana pratica dei trofei da collezione che hanno portato alla distruzione dell’aquila come nidificante in molte sedi dell’Appennino .

Oggi il rapporto uomo /animali, almeno nella cultura piu’ avvisata e’ profondamente cambiato e si tende a considerare la fauna selvatica come un aspetto culturale del territorio e del paesaggio in generale.

Negli ultimi tempi il discorso sull’aquila si e’m arricchito di un azione protezionistica sul campo per la salvaguardia dei siti di nidificazione e molti giovani dedica parte delle loro vacanze in quest’attivita’ di controllo e monitoraggio .

Oggi che , come tutti i rapaci, l’aquila e’ considerata giustamente protetta , il suo contingente complessivo e’ valutato in circa 500 individui( 100 coppie sulle Alpi, 32 sull’Appennino, 3-5- in Sicilia, e 20 in Sardegna).

L’aquila c’è ancora!!!!!!

E’ mezzogiorno.

Tra la gente che l’osserva c’è stupore, curisita’, ammirazione.

I tempi sono cambiati.

Saremo in grado di conservare un ambiente tale da permettere la sopravvivenza di questo grande e splendido raèace.

Modificato da piccio
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molto interessante...animali nocivi...ancora desso si usa sto termine...

adesso ho capito, il mio topic in parte è capitato a fagiuolo.. come si suol dire...

Ivan

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molto interessante...animali nocivi...ancora desso si usa sto termine...

adesso ho capito, il mio topic in parte è capitato a fagiuolo.. come si suol dire...

Ivan

Grazie Ivan sono contento che ti abbia suscitato interesse .

 

A mio parere le aquile oggi sono libere in parte dalla predazione umana .

La foto nel tuo post dove le aquile volano libere nel cielo alto mi ha spinto ancora di piu' a pubblicare questo articolo.

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Grazie Ivan sono contento che ti abbia suscitato interesse .

 

A mio parere le aquile oggi sono libere in parte dalla predazione umana .

La foto nel tuo post dove le aquile volano libere nel cielo alto mi ha spinto ancora di piu' a pubblicare questo articolo.

 

E ci mancherebbe altro!

 

Materiale interessantissimo, di cui Ti siamo tutti grati.

 

Un salutone!

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Molto interessante !

Sapevo che avevano subito in passato una grande pressione venatoria ... ma non immaginavo fino a questo punto .

 

E' bello sapere che oggi stiano tornando ad aumentare un pò in tutta Italia e spero di incontrarla presto e ammirarla mentre vola libera cosi come è capitato ad Ivan ed altri amici del forum :yes4: :wink:

 

 

:friends:

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A Campotosto ho la fortuna di vederla (o meglio di vederle, dato che e' una coppia) piuttosto spesso volteggiare proprio sopra casa.

 

E' un animale magnifico, capace di salire altissimo in cielo senza un solo battito d'ala, solo sfruttando le correnti ascensionali.

 

Per fortuna che oggi l'atteggiamento sociale nei suoi confronti e' profondamente mutato, anche se purtroppo resistono ancora alcune sacche di profonda ignoranza e ottusita'.

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E ci mancherebbe altro!

 

Materiale interessantissimo, di cui Ti siamo tutti grati.

 

Un salutone!

mario grazie mille , io ho solo avuto la curiosita' di leggermi l'articolo e chiamare l'autore, che per sua gentilezza mi ha dtao il totale permesso.

Oltrettutto Castiglia e' anche un micologo.

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Molto interessante !

Sapevo che avevano subito in passato una grande pressione venatoria ... ma non immaginavo fino a questo punto .

 

E' bello sapere che oggi stiano tornando ad aumentare un pò in tutta Italia e spero di incontrarla presto e ammirarla mentre vola libera cosi come è capitato ad Ivan ed altri amici del forum :yes4: :wink:

 

 

:friends:

Credo che questa pratica era abitudine usarla anche in altre regioni d'italia.

Mi raccomando appena la immortali facci partecipi.

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Nonno Florindo di Amatrice , mi raccontava ste storie degli aquilari.

Lui essendo un'amante della natura era contrario a questo modo di pensare.

grazie Andrè.

bella documentazione.

 

:friends:

ale

Modificato da Alpis63
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Molto interessante !

Sapevo che avevano subito in passato una grande pressione venatoria ... ma non immaginavo fino a questo punto .

 

 

 

 

:friends:

 

 

A Ste' ,

la pressione venatoria di cui parli , e' avvenuta in un periodo storico del nostro paese , quando la fame te se magnava ,

in tempi in cui 200 lire , voleva dire sfamare una famiglia per sei mesi ,

anche per i lupi c'erano le taglie , ed erano anche molto alte ,

di li' l'alta pressione venatoria per queste due specie .....nocive

perdere sei galline in una settimana era un danno enorme per una famiglia rurale di montagna

cosi' come perdere ovini e caprini ,

di contro l'uccisione dei predatori era ben pagato .

Racconti del tempo , quando con una cipolla mangiavano dieci persone , un bell'acquilotto

poteva dare sostegno per almeno un mese....a sta gente de montagna ,

in citta' in tempo di guerra se facevano le zuppe coi sorci e con la fame che c'era

amanti o non amanti della natura

un bell'aquilotto in salmi' poteva essere ...la salvezza.

Per favore ,

almeno quando si racconta di storia , non demonizziamo gratuitamente la figura del cacciatore ,

a lupi o ad aquile ci andavano anche poveracci senza ne' arte e ne' parte .......per soldi

Sono tra i piu' felici del mondo , quando ho la fortuna di vederle volare , anche se ho lo schioppo a tracollo

 

P.s.- Non vi offendete o risentite di questo scritto , ma quelli che oggi sembrano crimini assurdi

ieri avevano un altro significato , che non possiamo far finta di non conoscere .

s.s.:hug2:

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Tutto vero quello che hai detto, Gianluca.

Tranne un fatto: gli aquilari non catturavano gli aquilotti per mangiarseli, ma per rivenderli (vivi).

Oggi, per fortuna, le condizioni di vita sono diverse e chi uccide un rapace e' giustamente considerato un delinquente.

Ma in passato le cose erano differenti, stesso discorso fatto tante volte per i lupi.

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Gianluca nelle tue parole alcune cose possono essere anche vere ma lo cosa che ho notato come gia' ha detto le aquile non se le mangiavano.

Mi spiace che hai letto frettolosamente il racconto che ho riportato come documento storico di quel tempo, eppure all'inizio avevo scritto in neretto una frase ben in evidenza.

 

Non e' un trattato contro la caccia , quindi ti prego di non parlare di cacciatori.

 

Grazie.

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Bellisimo documento storico, recupero di una memoria che andrebbe persa senza queste operazioni.

Una curiosità: l'autore Giuliano Castiglia è per caso l'ispettore della forestale che lavorava presso l'agenzia ecologica del CFS a via Salandra?

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