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Tuber melanosporum


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Un team di ricercatori italiani e francesi ha scoperto la sequenza esatta del Dna del Tuber melanosporum, preziosa perla nera ipogea

 

Dopo cinque anni di lavoro, ricercatori francesi e italiani hanno mappato il genoma del tartufo nero di Norcia, o Perigord o Tuber melanosporum. La ricerca è stata coordinata in Francia dal Centro Inra di Nancy , che ha pubblicato sull'edizione online di Nature del 28 marzo 2010 i risultati del loro studio, che in Italia ha coinvolto i gruppi Cnr di Torino e Perugia e le Università di Parma, L’Aquila, Bologna, Roma e Urbino. Le implicazioni della decodificazione del genoma di questo fungo che arriva a costare anche 1.500 euro al chilo sono molte.

Genoma esteso

«I risultati più sorprendenti dell'indagine sono in primo luogo quantitativi» afferma Paola Bonfante, ricercatrice dell'Istituto per la Protezione delle Piante del Cnr e dell'Universitá di Torino. «Il genoma del tartufo nero -continua la ricercatrice- è il più grande tra quelli dei funghi finora sequenziati, con 125 milioni di coppie di basi. Responsabili di questa dimensione del Dna sono sequenze ripetute di alcuni elementi genetici mobili detti trasposoni, che rappresentano il 58% dell'intero genoma». «I geni che codificano per proteine sono 7.500, di cui circa 6.000 trovano corrispondenza in altri funghi. Tuttavia, diverse centinaia di geni del tartufo sono unici e svolgono un ruolo fondamentale nella formazione del corpo fruttifero e della relazione simbiotica con la pianta ospite». Nel corso della ricerca, il genoma del Tuber è stato confrontato dai ricercatori con quello della Laccaria bicolor, appartenente a un gruppo di funghi diverso e già sequenziato dal team francese. Si sono evidenziate forti differenze nel modo in cui i due simbionti dialogano con le piante ospiti: ciò suggerisce che la simbiosi micorrizica abbia seguito strade evolutive diverse.

Tracciarne la provenienza

La sequenza genomica mette a disposizione migliaia di marcatori genetici che verranno impiegati per evidenziare polimorfismi genetici, ovvero le sequenze diagnostiche di Dna, nei tartufi provenienti da diverse zone e, le impronte genetiche così ottenute, permettono di tracciare i tartufi sulla base della provenienza, fornendo una sorta di certificazione del prodotto da usare anche come strumento anti-frode, nel senso della tutela prevista dalla legge 752 del 1985. I marcatori genetici forniscono anche informazioni essenziali sulle regioni del genoma responsabili dell'aroma, così apprezzato. Si potrà, entro breve tempo, definire un profilo genetico-molecolare che coniughi origine geografica e profumo dei tartufi neri, identificando le regioni e i geni che codificano gli enzimi responsabili della formazione dei composti volatili.

Migliorare le coltivazioni

L’analisi della sequenza genomica ha inoltre evidenziato il ridottissimo potenziale allergenico dei tartufi e l'assenza delle principali vie metaboliche responsabili della formazione delle micotossine. Secondo i ricercatori, grazie a queste informazioni la tartuficoltura potrà selezionare individui geneticamente caratterizzati con tratti organolettici particolarmente pregiati.

Contro le frodi

C'è anche un aspetto economico rilevante: con un aumento del 15 per cento delle quantità di tartufo Made in Italy esportate nel 2009, in controtendenza con l'andamento economico generale, la mappatura del genoma rappresenta una grande opportunità per valorizzare le identità territoriali del tartufo e per proteggerle dai tentativi di modificazione genetica e clonazione che sono in atto in Paesi come la Cina. Secondo l'organizzazione agricola, in base agli ultimi dati sul commercio estero dell'Istat, l'Italia ha esportato 124mila chili di tartufo conservato nel 2009. I risultati della ricerca possono dunque dare un importante contributo alla salvaguardia del legame con il territorio ma anche sostenere una lotta più incisiva nei confronti delle frodi e sofisticazioni.

La micorriza

Uno degli aspetti più curiosi della ricerca riguarda la «vita sessuale» e una conseguente capacità di riprodursi del tartufo nero. In realtà il ciclo vitale del tartufo e la comprensione dei meccanismi molecolari che stanno alla base della riproduzione non sono l'elemento più importante della decodificazione genetica, ma è molto interessante il concetto di micorriza, il tipo di associazione simbiotica tra il fungo e la pianta superiore: il ciclo biologico del tartufo prevede infatti un'interazione tra l’apparato radicale della pianta ospite e il micelio di tartufo. Le cellule del tartufo avvolgono l’apparato radicale della pianta formando una nuova struttura specializzata denominata ectomicorriza; questa nuova struttura permette di captare con più efficienza gli elementi minerali dal terreno. In genere, una pianta micorrizata mostra una crescita di peso fino a 2-3 volte la pianta non micorrizata. Inoltre, la presenza significativa di micorrize sull’apparato radicale di una pianta indica anche una buona qualità dell’ambiente dove vegeta la pianta.

E il bianco?

Sull’onda degli importanti risultati conseguiti, il gruppo leader francese ha presentato e ottenuto un finanziamento per un nuovo progetto rivolto al Tuber magnatum Pico, il tartufo bianco più pregiato al mondo e di cui la Francia non è produttrice.

Nuove frontiere

Avendo disponibilità di nuove risorse finanziarie, verso quali azioni dunque andrebbe indirizzata la ricerca? In seguito alla diminuzione della produzione delle tartufaie naturali e dei cambiamenti degli ecosistemi, si è verificato un incremento di frodi alimentari in Italia; per esempio un composto come il bismetiltiometano, che fa parte delle diverse molecole volatili che contribuiscono a determinare le specifiche caratteristiche organolettiche del tartufo bianco, se aggiunto ad altre specie di tartufo non pregiate può contribuire a confonderle con il Tuber magnatum. La disponibilità di nuove risorse finanziarie permetterebbe alla ricerca scientifica di perseguire principalmente due importanti obiettivi, quali la tutela del patrimonio tartuficolo naturale per salvaguardarne la biodiversità e lo sviluppo della tartuficoltura per permettere anche il recupero di aree marginali. Occorre anche sottolineare che questi tartufi, oltre ad essere apprezzati gastronomicamente, costituiscono per l’Italia una notevole risorsa economica ed un importante fattore di promozione turistico-ambientale.

 

Carta d’identità

Nome scientifico: Tuber melanosporum

Divisione: Ascomycota

Classe: Pezizomycetes

Ordine: Pezizales

Famiglia: Tuberaceae

Genere: Tuber

Specie: melanosporum

Nomi comuni: tartufo nero, tartufo di Norcia, truffe de Perigòrd

Corpo fruttifero: tondeggiante, di dimensioni e peso variabile.

Gleba: di colore nero brunastro con sfumature violette; venature biancastre fitte e ben definite. Odore aromatico e gradevole, sapore molto grato.

Spore: nere in massa, spinulate, con aschi globosi e peduncolati.

Habitat: simbionte sotto roveri, lecci, carpini, noccioli in terreno calcareo. Da raccogliere fra dicembre e metà marzo.

Commestibilità: Eccellente commestibile, fra i migliori funghi al mondo.

 

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Foto di Arturo Baglivo

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  • 2 mesi dopo...

I marcatori genetici forniscono anche informazioni essenziali sulle regioni del genoma responsabili dell'aroma, così apprezzato

 

Una domanda : e' possibile fare queste marcature anche sui funghi.???

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Carta d’identità

Nome scientifico: Tuber melanosporum

Divisione: Ascomycota

Classe: Pezizomycetes

Ordine: Pezizales

Famiglia: Tuberaceae

Genere: Tuber

Specie: melanosporum

Nomi comuni: tartufo nero, tartufo di Norcia, truffe de Perigòrd

Corpo fruttifero: tondeggiante, di dimensioni e peso variabile.

Gleba: di colore nero brunastro con sfumature violette; venature biancastre fitte e ben definite. Odore aromatico e gradevole, sapore molto grato.

Spore: nere in massa, spinulate, con aschi globosi e peduncolati.

Habitat: simbionte sotto roveri, lecci, carpini, noccioli in terreno calcareo. Da raccogliere fra dicembre e metà marzo.

Commestibilità: Eccellente commestibile, fra i migliori funghi al mondo.

 

:good: molto interessante, ottimo Nico.

 

A proposito di tassonomia, molti autori collocano in altro modo il tartufo:

 

Divisione: Ascomycota - Sottodivisione: Ascomycotina - Classe: Discomycetes - Ordine: Tuberales

Famiglia: Tuberaceae - Genere: Tuber

 

Molto probabilmente questa collocazione è superata, così dice anche l'amico Peter.

Voi cosa ne pensate?

 

 

Sergio

 

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