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Facciamo macro con le "compattine"


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Tecnica 2) la messa a fuoco.................................................

 

Ed eccolo, quello che costituisce spesso il principale punto dolente per gli utilizzatori di compatte che prevedono di norma soltanto l’automatismo. In questi casi la messa a fuoco agisce sulla base del contrasto di luminosità, che viene valutato generalmente su di una piccola area al centro dell’immagine.

Quello che dappertutto trovate scritto è che dovete mettere a fuoco sul bordo di aree tra loro contrastanti (appunto), su materiali non riflettenti (come specchi o superfici metallizzate) ecc.; ma quello che in genere non vi dicono è che spesso ci sono gamme di colore sulle quali il nostro strumento fatica a lavorare, almeno più di quanto non faccia una reflex, dotata di sistemi più sofisticati e progrediti. La mia compatta (cioè: di mia figlia. Precisiamo, altrimenti non me la presta più!) ha parecchi problemi con la serie del rosso (dovrebbe essere il difetto più comune), ciò significa che si trova in difficoltà, in mancanza di accentuati chiaroscuri, tanto sull’arancio che sul viola, dove il rosso è appunto mescolato agli altri primari. Nella foto naturalistica la cosa è complicata dal fatto che spesso i rossi si trovano su fondo verde (erba, muschio, foglie), e poiché la coppia di complementari rosso-verde è l’unica i cui due estremi hanno il medesimo livello di luminosità, il contrasto potrebbe risultare bassissimo, per la fotocamera, nonostante al nostro occhio appaia più che evidente (l’occhio umano, al contrario di quello degli insetti o della nostra compatta, percepisce maggiormente i contrasti di colore piuttosto che quelli di luminosità).

La mancanza di un contrasto adeguato si accentua nei casi in cui gli oggetti della scena si presentino con colorazioni “tono su tono”, cioè molto simili, e nelle situazioni in cui il livello d’illuminazione generale si abbassa; altra condizione comune nel bosco!

 

Nella foto a lunga distanza possiamo ovviare a questi problemi focalizzando su un oggetto qualunque, purché particolarmente contrastato e posizionato all’incirca sul piano che vogliamo rendere nitido; tenendo premuto a metà il pulsante di scatto (per bloccare la messa a fuoco) ruotiamo contemporaneamente la colonna del cavalletto sino a ricomporre l’inquadratura giusta per poi spingere a fine corsa il pulsante. Il lieve spostamento, data la distanza dagli oggetti, normalmente non influirà sulla nitidezza dell’immagine.

Ma nelle riprese macro il minimo movimento in genere è più che sufficiente a far variare in modo significativo il piano di messa a fuoco, con risultati ovviamente disastrosi.

In queste situazioni abbiamo però il vantaggio di essere molto vicini ai soggetti che vogliamo ritrarre, spesso al punto da poterli toccare e spostare senza togliere lo sguardo dal visorino della macchina; sfruttiamo questa opportunità utilizzando la famosa “mira” di carta (vedi: Equipaggiamento 3) che disporremo temporaneamente al centro del campo inquadrato e alla distanza del piano che vogliamo focalizzare (tenendola con le dita, o incollandola ad un filo di ferro che poi infilzeremo nel terreno…; ogni sistema è valido per tenerla in posizione, purché ne faciliti l’asporto senza lasciare tracce nella foto), cosicché la compattina metta a fuoco proprio la mira. Dopo aver attivato l’autoscatto, il normale ritardo di 10-12 sec. ci darà tutto il tempo di sfilare il cartoncino dall’inquadratura (va da sé che non potremo utilizzare le mire fotografando insetti o altri animaletti, ma nella macro di funghi e altri oggetti immobili costituiscono un vero toccasana).

Naturalmente non tutti i soggetti e le situazioni richiedono l’impiego delle mire; impareremo presto a valutarne immediatamente la necessità o meno, caso per caso.

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Con la “mira” appoggiata al soggetto principale saremo sicuri che almeno una parte di questo risulterà a fuoco (attenzione a non lasciare l’impronta del cartoncino sul fungo; a me è successo con un sottile foglio di carta appoggiato su una Tapinella, un fungo parecchio consistente, ma con un fine e delicatissimo “velluto” sulla cuticola).

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Modificato da tyrnanog
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Non potendo sapere che diaframma venga impostato di volta in volta dalla macchina (quantomeno nelle compattine come la mia) e perciò quanto ampio sarà lo spazio focalizzato correttamente (“profondità di campo”), vi converrà eseguire più di uno scatto per soggetto (soprattutto nei primi tempi, finché non avrete familiarizzato con la risposta della vostra fotocamera), con la mira spostata leggermente avanti o indietro per variare millimetricamente il piano di messa a fuoco; tenete presente che comunque avrete sempre a disposizione un minimo di profondità di campo, in particolare con la funzione Supermacro che utilizza l’obiettivo in posizione grandangolare fissa.

In generale la profondità di campo sarà maggiore dietro al piano di focalizzazione, cioè allontanandosi dalla fotocamera; comunque, anche davanti ne avremo sempre un poco a disposizione; teniamone conto per posizionare la mira in modo tale da sfruttare al massimo questa risorsa (un minimo di allenamento e la cosa diventerà più facile e “automatica” di quanto non si creda).

Nella foto: la striscia rossa in sovrapposizione indica la “profondità di campo” per questa determinata distanza di focalizzazione; notate come tutti gli oggetti posti in questo intervallo risultino sufficientemente a fuoco, ma quelli più nitidi in assoluto si trovano sul piano della mira o alle sue spalle, in accordo con quanto appena descritto.

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Con lo stesso sistema possiamo realizzare foto macro con il soggetto principale decentrato, semplicemente ponendo la “mira” alla medesima distanza, ma al centro dell’inquadratura, come nel caso di questo gnomo da… salotto (con la brutta stagione anche loro si rifugiano nelle case, come i topi!)

In sequenza dall’alto in basso: 1) foto scattata senza mira e perciò con focalizzazione sullo sfondo anziché sul soggetto principale; 2) posizionamento della mira al momento di attivare l’autoscatto; 3) risultato finale

Come vedete, anche in questo caso stiamo parlando di “attrezzature” di nessun peso o ingombro; un posto nel taschino lo trovano sempre!

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Ma la situazione forse più critica e ricorrente, questa volta soprattutto in presenza di forte contrasto, si verifica quando focalizziamo sui limiti tra aree di diversa luminosità, ma posizionate su piani differenti; la macchina non sceglie in modo intelligente e spesso mette a fuoco correttamente non il primo piano, bensì quello più lontano, soprattutto se contiene qualche minimo particolare che gli conferisce una trama maggiormente in risalto, cioè più facilmente “leggibile” dal sensore rispetto al soggetto principale. E’ capitato anche a voi, vero?

In questo caso la funzione della “mira” è evidente; essendo costituita da un unico piano su cui sono distribuite tutte le aree di contrasto che verranno utilizzate per la focalizzazione, impedisce che la macchina “scelga” piani diversi da quello voluto.

La foto qui sotto rappresenta un caso classico: a sinistra lo scatto senza mira, a destra quello con la mira appoggiata sul gambo. Notare che i ciuffi di muschio sullo sfondo tra il gambo e il cappello (che creavano una trama più evidente e “leggibile”), nella prima foto sono stati messi a fuoco a scapito della nitidezza del fungo.

 

Osservate anche la forte differenza d’illuminazione (foto scattate con le medesime preimpostazioni e non trattate in postproduzione, se non per mitigare un attimo la differenza e renderle più leggibili): ne scaturisce un’ultima raccomandazione circa le “mire”. Poiché dovrete attivare l’autoscatto con la striscia di carta ancora al centro dell’inquadratura, la macchina regolerà l’esposizione proprio in base alla “mira” e questo provocherà molto spesso, soprattutto se fotografate al sole (col cielo coperto è facile che il problema non si presenti) una compensazione automatica in sottoesposizione (data la presenza delle aree chiare nella mira stessa) scurendo l’immagine finale. Tenetene conto ed effettuate anche qualche scatto aumentando di 1/3 o 2/3 di stop rispetto alla vostra abituale impostazione; ad es.: io prediligo in molte situazioni una leggera sottoesposizione, che restituisce di solito una saturazione dei colori più verosimile e mitiga i problemi con le alte luci, ma con la mira devo spesso azzerare il parametro, se non addirittura sovresporre di almeno 1/3. Dipende dall’illuminazione generale, perciò scattate eventualmente 2 o 3 foto con impostazioni leggermente diverse; meglio scegliere quella giusta con comodo, quando siamo a casa, che perdere una buona occasione. La correzione dell’esposizione è (grazie a Dio!) probabilmente l’unica funzione che viene ancora lasciata, da queste “trappole”, all’intuito del fotografo.

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A quale distanza stiamo focalizzando?...................................

Questo è un problema tipico delle riprese macro, perché ci avviciniamo inesorabilmente al limite fisico al di sotto del quale la macchina non riesce più a focalizzare correttamente, e non sempre, osservando la scena dal visorino digit anziché attraverso il mirino ottico di una reflex, riusciamo a capirlo. Con l’impostazione Macro attivata la mia Olympus lavora ad una distanza minima di 10 cm (in posizione grandangolo), che passa progressivamente a 60 cm zoomando verso il tele. Voi riuscite a valutare “a occhio” la distanza di lavoro minima per ogni posizione dello zoom? Io no! Anche per questo all’inizio, parlando della scelta della fotocamera, lodavo la funzione Supermacro (min. 5 cm) che io imposto anche fotografando a 70-80 cm di distanza; è vero che lavora sul grandangolo fisso e che per questo non otterrete mai quei bellissimi sfondi completamente sfumati (se non in postproduzione), ma non obbliga a calcoli astrusi quanto empirici ed evita parecchi fuori fuoco accidentali. Inoltre pare essere l’unica funzione che non attiva automaticamente il flash quando la luminosità è bassa; la macchina non sa che sto lavorando su stativo e “vigliacca boia” se mi ricordo ogni volta di impostare manualmente l’esclusione del lampeggiatore. Senza contare che la normale funzione Macro, in realtà, non è esattamente tale ed è praticamente impossibile fotografarci insetti, con buona pace dello sfondo sfumato!

Una sola raccomandazione, quella di verificare, mediante qualche scatto di confronto con le altre impostazioni presenti sulla fotocamera, che la funzione Supermacro non sia ottimizzata solamente per immagini a distanza estremamente ravvicinata, nel qual caso potreste notare una perdita di qualità allontanandovi dal soggetto focalizzato (osservate sullo schermo del computer i particolari ingranditi a pixel reali). In genere questo dovrebbe accadere solamente con alcuni obiettivi macro per reflex di alto livello (e nemmeno tutti!) e comunque a partire da 1-2 m di distanza, ma è sempre meglio sincerarsene; io, ad esempio, ho notato una leggera caduta di qualità solamente su foto panoramiche con fuoco all’infinito, situazione in cui sarebbe comunque assurdo utilizzare impostazioni macro.

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Tecnica 3) l’illuminazione...................................................

 

Se mi dite che nel bosco non è possibile portare un set di lampade e che non vi pare il caso di pretendere che il sole assuma la posizione che più ci aggrada avete perfettamente ragione; questo non significa, tuttavia, che non si possa controllare almeno in parte l’illuminazione della scena.

 

Normalmente sconsiglio di ricorrere all’utilizzo del flash, se non in casi assolutamente critici o per foto di sola documentazione, perchè in genere appiattisce l’immagine e crea ombre inverosimili (non potendo angolarlo diversamente perché integrato nella fotocamera). Inoltre, i lampeggiatori in dotazione con le compatte (e non solo) sono spesso tarati per restituire un’illuminazione più calda di quella naturale; effetto indubbiamente accattivante, ma che costringe comunque ad intervenire in postproduzione se vogliamo un risultato realistico. Correzione per correzione, preferisco aggiustare le dominanti create dalla macchina, ma almeno basate sulla luminosità naturale.

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Domanda trabocchetto: qual è la situazione di luce migliore per fotografare in esterni? Molti di voi risponderanno: una bella giornata di sole. Ma nel bosco il sole crea chiaroscuri eccessivi, con margini taglienti e difficili da gestire; luci bruciate piuttosto che ombre completamente annerite. Una notevole sfida se siamo dotati di attrezzature professionali; una brutta gatta da pelare con le nostre macchinette!

In generale, la migliore condizione di ripresa, tra alberi e cespugli, si ha con il cielo coperto nelle ore centrali della giornata; in questa situazione l’illuminazione non avrà sicuramente un’intensità elevata (ma avremo pur sempre a disposizione lo stativo!), tuttavia risulterà maggiormente diffusa, con ombre più morbide e priva di alte luci eccessivamente spinte. Naturalmente questa è la situazione ideale; non possiamo certo aspettarci che si verifichi ogni qualvolta desideriamo inoltrarci nel bosco, però ci sono accorgimenti che possiamo adottare per avvicinarci alle condizioni ottimali, quantomeno lavorando in macro o comunque su campi d’inquadratura ridotti.

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Se potete, scegliete un’ora mattutina, quando il sole non è ancora spuntato tra gli alberi e, comunque, cercate di fotografare in situazioni nelle quali tanto i soggetti che lo sfondo siano esposti completamente al sole o interamente ombreggiati (a meno che non siate già in grado di padroneggiare le situazioni critiche). Le immagini “a metà strada” di solito sono le meno riuscite. Attenzione alle “ombre portate”, cioè proiettate da altri oggetti sul soggetto principale o comunque nel campo inquadrato. Il caso classico è la nostra stessa ombra che cade al centro della scena e che ormai, come credo, tutti ci siamo abituati ad evitare se possibile; in realtà, anche le ombre che al momento possono apparire naturali (cosa c’è di più naturale della trama di chiaroscuro che i raggi di sole, filtrati dai rami, proiettano sul terreno nel bosco!?!), riguardando in un secondo momento l’immagine estrapolata dal proprio contesto, nella quasi totalità dei casi risulteranno sgradevoli. Meglio quindi cercare di ottenere un’ombreggiatura continua anche se “artificiale”, magari chiedendo all’amico di creare col proprio corpo la zona di copertura necessaria. Quante volte ho utilizzato lo zaino posizionandolo in modo da schermare un’area che inglobasse l’intero set di una macro! Attenzione anche alla presenza di eventuali piccole e fastidiose zone di luce (riflessi) sullo sfondo, che spesso passano inosservate al momento dello scatto, ma che poi deturpano l’immagine finale.

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Se ci troviamo tra fronde o cespugli possiamo provare a schermare la luce solare diretta posizionando un fazzoletto bianco disteso tra i rami stessi, appena al di fuori del campo inquadrato, come se fosse una tendina parasole; in questo modo non si ottiene l’ombra vera e propria, ma una luce diffusa che evita di bruciare le zone chiare e ammorbidisce le ombre già presenti. In ogni caso possiamo sempre schiarire le ombre eccessive mediante una superficie riflettente (il già citato cartoncino bianco o argentato, oppure il più comodo fazzoletto di carta) posta anch’essa appena al di fuori del campo inquadrato.

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Se poi dobbiamo proprio fotografare in situazione mista (luce solare diretta e ombre forti), dovremo scegliere se privilegiare luci o ombre; in questi casi, di solito, preferisco comunque evitare bruciature sulle zone chiare (sono più sgradevoli delle ombre completamente nere) impostando un’adeguata sottoesposizione. Se lavorate con le mire è anche possibile che questo sia già sufficiente a “ingannare” positivamente la fotocamera, convincendola a sottoesporre automaticamente (vedi quanto già esposto a proposito dell’uso delle mire). Fate qualche prova variando l’esposizione; dopo i primi scatti sarete in grado di valutare subito con buona approssimazione l’impostazione più o meno corretta per le varie situazioni (effettuate comunque più di uno scatto per posa, con esposizione differente; ripeto che è sempre meglio scegliere in un secondo momento che perdere irrimediabilmente una buona immagine).

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Una piccola attenzione: controllate che la spia dell’autoscatto si spenga effettivamente durante la ripresa; nella mia Olympus, dopo aver lampeggiato per alcuni secondi, rimane accesa finché l’otturatore non si richiude. Data la genialità di quei furboni di progettisti che inseriscono sempre un led ROSSO, nelle riprese molto ravvicinate il mancato spegnimento produce una sgradevole dominante di quel colore, oltre tutto non diffusa, ma localizzata in alcuni punti di maggior riflessione (perciò più difficile da eliminare in postproduzione); motivo per cui devo sempre ricordarmi di coprire la suddetta spia con un frammento di cartoncino attaccato con nastro adesivo.

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Considerazioni conclusive della prima parte:........................

visto che questi consigli escono appena sotto Natale, vi morderete le dita (e il freno) nella spasmodica attesa di poterli mettere alla prova solamente alla prossima primavera. Niente di più sbagliato!

Se possedete una fotocamera digitale e state leggendo questo post significa che siete anche possessori di un computer su cui scaricate regolarmente le immagini scattate per rivederle con comodo; bene, questi sono proprio il momento e l’attrezzatura giusti per “allenarvi” in casa. Individuate un angolo vicino ad una finestra da cui, possibilmente, la luce solare non entri troppo diretta (io utilizzo una finestra di cucina, esposta a nord-est) e dove installerete un piccolo set di ripresa: piano d’appoggio, sfondo (in genere un foglio di cartoncino nero o grigio; spesso è sufficiente in formato A4 o addirittura inferiore), cavalletto, cartoncino riflettente…

A questo punto ci siamo costruiti la situazione ideale per impratichirci e, soprattutto, per verificare come le piccole differenze in ripresa possano determinare risultati molto diversi in stampa (ben difficilmente gli insetti nel bosco ci darebbero il tempo di provare e riprovare).

In casa abbiamo qualunque genere di piccoli oggetti con cui realizzare foto macro; io ho preso confidenza con la compattina fotografando alcuni campioni della mia collezione di minerali.

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Lavorare inizialmente in casa ci permetterà inoltre di imparare più agevolmente a destreggiarci con le dominanti di colore create dalla fotocamera (le crea sempre, se non fotografiamo in sole pieno), semplicemente confrontando l’immagine a monitor con l’oggetto originale che avremo comodamente a portata di mano. Questo ci consentirà di valutare e quantificare, con buona approssimazione, le impostazioni iniziali di correzione che dovremo applicare in postproduzione a tutte le immagini scattate in situazioni d’illuminazione simili; cosa difficile da realizzare se iniziamo subito a fotografare nel bosco, a meno di portarci a casa ogni insetto o fiore che abbiamo ritratto, per poterne poi verificare la corrispondenza dei colori (già andrebbe meglio con finferli e brise, che dubito lascereste nel bosco!)

Nella foto qui sotto il problema sarebbe stato comunque risolvibile facilmente, sapendo che il minerale in questione è perfettamente nero, ma con altre tinte e sfumature di colore si rischia di prendere solenni cantonate e di falsare la resa cromatica più di quanto non abbia già fatto la fotocamera.

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Proprio la postproduzione, cioè il trattamento delle immagini con un programma di fotoritocco (una sorta di camera oscura digitale) sarà l’argomento della seconda parte di questa miniguida, che posterò appena terminata.

Per quanto scritto nella presentazione iniziale, il tutto sarà realizzato mediante il programma Gimp, di libero utilizzo e legalmente scaricabile da Internet a costo zero e che, come vedrete, per le nostre esigenze è addirittura sovrabbondante pur non raggiungendo ancora (ma nemmeno i professionisti ne sentono l’esigenza in ogni situazione) le potenzialità di ben più rinomati programmi commerciali dal costo proibitivo.

 

Mi pare che ci dovrebbero essere tantissime altre cose da descrivere, ma per quanti sforzi faccia, per ora non mi vengono in mente; vorrà dire che, nell’eventualità, saranno argomento di approfondimenti, magari su vostra esplicita richiesta.

Fino a quel momento spero che quanto esposto sia di qualche utilità

 

Daniele

 

 

P.S. ho visto che per altre discussioni di un certo “peso” è stato aperto un secondo Topic su cui postare commenti, critiche e richieste. Non so se si possa fare anche per questo; chiedo lumi ai moderatori.

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